Roma, 30 lug. (Adnkronos) – Il piano di decarbonizzazione del governo per l’ex Ilva è “ambizioso” e Federacciai lo saluta con “tutta la simpatia possibile” ma anche con un monito: “Per resuscitare un ‘morto’ non si danneggino i vivi”. E’ il bilancio che fa il presidente degli industriali del settore, Antonio Gozzi, parlando con l’Adnkronos dopo l’incontro di oggi pomeriggio al Mimit tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il comparto italiano della siderurgia, confronto a cui hanno partecipato, oltre a Gozzi, anche il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, i vertici delle principali aziende nazionali e i commissari di Ilva in as e AdI in as.
“Il ministro ha presentato un piano estremamente ambizioso rispetto alle ipotesi industriali: si prevede di superare nel giro di 6-7 anni la produzione di acciaio da altoforno con la produzione da forni elettrici alimentati dal dri”, riassume il numero uno di Federacciai. “Tre forni elettrici, per la precisione, con un quarto ipotizzato a Genova”. Resta però l’incognita – grande – dell’accordo di programma (domani si terrà a via Veneto l’incontro con gli enti locali, pochi giorni dopo le dimissioni del sindaco di Taranto, Piero Bitetti), un “ulteriore elemento di incertezza” che pesa sul futuro degli stabilimenti. Nel caso in cui domani ci fosse una fumata nera, infatti, si partirebbe con i tre forni elettrici nel sito della città jonica, ma senza Dri, per cui resta anche l’ipotesi Gioia Tauro. Un ‘piano B’ “non ottimale”, perché imporrebbe un maggiore dispendio di energia e soprattutto di costi in termini logistici, osserva il presidente.
Quindi bene la convocazione e bene il piano di Urso, che però va “contestualizzato” nel più ampio quadro della situazione del settore siderurgico italiano, sottolinea Gozzi. Perché “per resuscitare il morto non si danneggino i vivi” cosa che si può fare solo mettendo a terra “investimenti sul Dri molto importanti, dando agli impianti l’energia elettrica necessaria per essere autosufficienti” tanto che infatti nel piano si prevede la costruzione di una nuova centrale elettrica.
Federacciai quindi elenca una serie di punti centrali. Da una parte l’entità finanziaria degli investimenti: “Tra dri e forni elettrici si parla di circa 10 miliardi, tra intervento pubblico e privato, cioè l’investimento più grande realizzato nella siderurgia a livello mondiale”, osserva il presidente. C’è poi, “il tema del prezzo del gas per far funzionare i Dri, che deve essere competitivo altrimenti impianti non possono raggiungere il prezzo di mercato”. Insomma, “quella di Taranto è una partita aperta e di enorme complessità, e deve essere concepita come un’operazione di sistema” da giocare sia sul suolo italiano che nel campo europeo, continuando a spingere sui temi caldi – Ets, Cibam e tutela dall’invasione dei prodotti asiatici – per evitare che l’industria affoghi o venga travolta dagli effetti indiretti dei dazi americani.