Storie dei design allo Ied raccontate dall’architetto Galimberti

Le sedie su cui sediamo, i tavoli dove mangiamo o lavoriamo, i letti sui quali dormiamo, i mezzi che usiamo per spostarci: oggetti di uso quotidiano che abitano le nostre case e le nostre vite, che talvolta diamo per scontati e spesso non ne conosciamo la storia. Oggetti con i quali interagiamo quotidianamente e che parlano di noi.

Perché non si tratta di un semplice gesto materiale, nella nostra esperienza di utenti convergono aspetti tecnologici, processi cognitivi, comportamenti relazionali, funzionalità, connotazioni estetiche e soprattutto sensazioni emotive, ricordi, cultura, valori, storie. Così nascono le “Trentatrè piccole storie di design“, raccolte in un libro edito da Electa per restituire l’autobiografia in forma di oggetti di Luciano Galimberti, designer e Presidente di Adi, Associazione per il disegno industriale, e direttore scientifico della Fondazione, Francesco Morelli e membro del suo Cda.

Domani alle 18 Galimberti sarà l’ospite d’eccezione nel nuovo appuntamento del ciclo di incontri “Ied Talk – A return to life” nella versione Digital Edition sulla piattaforma online bigmarker.com. Sarà Monica Scanu, direttrice Ied Cagliari, a stimolare un dibattito attorno alle storie raccontate dall’architetto e designer milanese nella sua opera. Un libro, una storia intima che diventa anche strumento di condivisione collettivo. Gli oggetti che rievocano memorie, aneddoti privati e familiari a cui l’autore è particolarmente legato: dalle celeberrime icone come Tolomeo di Artemide, la famosa lampada icona del design, al Sacco di Zanotta, l’eccentrica poltrona vero must del design moderno, o ancora Parentesi di Flos, altra lampada icona del design industriale, l’intramontabile Bacio di Perugina, nato dall’intuizione di Luisa Spagnoli, il Big Mac di McDonald’s, il Tetra Pak, i Moon Boot, gli stivali lunari o doposci, sempre sulla cresta dell’onda dopo cinquant’anni dalla loro invenzione.

“Scrivendo queste storie, ho pensato non tanto a uno sfoggio di erudizione disciplinare, quanto a una condivisione delle emozioni che ogni prodotto mi ha dato, da qui la scelta di definirle “piccole” storie; senza l’ambizione di confrontarmi con le “grandi” storie ufficiali del design, che hanno ruolo e merito di trasmettere la cultura del progetto, ma con il desiderio di condividere l’idea che il design sia attività umanistica ben oltre la sua scientificità e la sua tecnica”, spiega Galimberti nell’introduzione del suo libro.

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