Pimpy, la domotica sarda a basso costo: pochi euro e lo smartphone per una casa intelligente

La loro scommessa è chiusa in un rettangolo 15×20 centimetri, pesante mezzo chilo, con nome inglese – Pimpy – e tecnologia interamente sarda. Pensata due anni fa, la scatola magica è destinata a superare di slancio due grandi ostacoli della domotica: costi e tempi. Oggi chi desidera elettrodomestici intelligenti deve sborsare molti soldi e aspettare giorni per l’installazione di oggetti che si accendono e che si spengono al momento opportuno, lavorando al meglio. Con Pimpy tutto sarà diverso – o almeno così garantiscono i suoi tre inventori: nella foto, da sinistra Salvatore Mulliri (designer) Angela Loi (programmatrice) e Massimiliano Aroffo (ingegnere informatico),  che sono anche soci nella startup Homy, azienda attiva nel settore dell’internet of things – internet delle cose – con sede a Cagliari.

“L’apparecchio – spiega Angela – si alimenta con la corrente domestica ed entra in funzione immediatamente perché la procedura è quasi completamente automatica. La connessione agli oggetti sarà garantita dalle prese intelligenti, economiche e di facile installazione; con poco più di 60 euro si possono ottimizzare, ad esempio, i consumi di scaldabagno e lavatrice. Pimpy, inoltre, comanda tutti i dispositivi dotati di telecomando: televisori, impianti di climatizzazione, videoregistratori, stufe, tende da sole, cancelli automatici. E lo fa suggerendoti le azioni migliori per risparmiare energia, sfruttando al massimo la tecnologia che hai. Lo puoi persino attivare a distanza con pochi clic del cellulare, attraverso il GPS dello smarthpone”.

L’idea della domotica leggera e alla portata di tutti e, soprattutto, di tutte le tasche sembra dietro l’angolo; non bisognerà cambiare gli elettrodomestici ma adeguarli con una spesa minima: “Facendo un calcolo approssimativo per arredare tecnologicamente un’abitazione di 90 metri quadri saranno sufficienti 700 euro, l’idea ci è venuta a tavola, osservando la nostra casa – sottolinea Massimiliano Aroffo che con la moglie Angela ha scommesso sulla bontà dell’intuizione”. L’apparecchio, però, promette molto altro: “Stiamo lavorando a tantissime applicazioni, dagli impianti di sorveglianza a quelli d’irrigazione e presto saremo in grado di ampliare la gamma di strumenti governabili in remoto”.

Con un occhio all’estetica; Pimpy avrà l’involucro esterno in due materiali, plastica o ceramica: «Volevo superare l’idea dell’oggetto moderno che mal si adatta all’arredamento esistente – afferma il designer Salvatore Mulliri – e per questa ragione ho pensato a due alternative, in modo tale da consentire a tutti di poterlo sistemare in bella vista».
Dietro l’intuizione hi-tech ci sono numeri incoraggianti; nel 2014 il mercato italiano dell’internet of things valeva un miliardo e mezzo di euro con otto milioni di oggetti connessi tramite rete cellulare e un aumento delle aziende di settore del 90% (dati dell’Osservatorio Internet of Things, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano). Per il 2015 le prospettive sono ancora migliori.

Per i tre professionisti c’è da saltare l’ultimo ostacolo, l’avvio della produzione. Questa mattina è partita la raccolta internazionale di fondi attraverso il portale di crowfounding Indiegogo : “Avremo 40, al massimo 60 giorni di tempo per raggiungere la somma minima di 100mila dollari. Questo risultato – dice Massimiliano – ci consentirebbe di commissionare almeno 300 pezzi che sarebbero venduti inizialmente a circa 300 dollari l’uno, con la possibilità di diminuirne progressivamente il prezzo in base al numero di esemplari sfornati. Abbiamo già molte richieste”.

Chiedere aiuto in Italia è stato troppo complicato: “Ci siamo trovati di fronte a un mostro burocratico e quindi abbiamo cambiato strategia. Se tutto dovesse andare per il meglio, creeremo non solo valore aggiunto ma anche occupazione di qualità perché assumeremo collaboratori qualificati e sposteremo l’intera produzione dell’hardware nel nostro Paese”.

Giovanni Runchina

 

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