Agli inizi erano i marzianetti di Space invaders, poi si sono evoluti nelle trame e grafiche avvincenti di Assassins’s creed. Apparentemente sono solo videogiochi, vero. Ma l’argomento è da prendere sul serio, molto sul serio. Talmente sul serio che a Cagliari è nata la prima ‘università’ dedicata ai videogame. Una scuola di alta formazione e specializzazione, sul modello dei campus statunitensi o delle factory newyorkesi, dove si insegna a creare e programmare videogames. Le lezioni sono organizzate dalla Game Maker Academy. E le aule si affacciano su un piazzale che non passa inosservato: l’area dell’ex Istituto Biochimico, in via Dante accanto ai campetti dell’Ossigeno, contesto architettonico rigorosamente bianco come la pietra di calcare del Bastione che accoglie dal mare o dal cielo, come in un gioco di specchi, cagliaritani di rientro o turisti. I fondatori della Game Maker Academy hanno le idee chiare: «Il nostro obiettivo – spiegano Andrea Assorgia e Valeria Galletta – è sostenere i ragazzi in un percorso di crescita professionale e artistica post diploma o post laurea, parallelo o alternativo agli studi universitari, puntando soprattutto sul talento di ciascun studente».
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La scuola dei videogiochi e il mercato. Grande attenzione anche alle dinamiche motivazionali, dunque. Perché in fondo oggi per inserirsi con successo nel mondo del lavoro non basta più una accurata conoscenza teorica costruita su libri e dispense, ma è necessario avere determinazione, forza di volontà, esperienza, senso pratico e capacità facilmente dimostrabili, quello che gli anglosassoni definiscono solido background. Nella scuola di videogiochi c’è il giusto mix tra studio e lavoro così da formare, al termine del biennio, professionisti o in grado di inserirsi in una delle tante aziende dal fatturato multimilionario o desiderosi di intraprendere un percorso Indie, in altre parole di mettersi in proprio a produrre videogiochi, facendo tutto da soli per poi promuovere la creatura nel mercato globale e venderla in una delle tante piattaforme di e-commerce. E se tutto ciò può apparire banale e circoscritto a un breve periodo della vita – gli adulti non perdono tempo davanti al computer a giocare! – ecco alcuni numeri dell’industria videoludica: il giro d’affari nel mercato globale, nel 2016, ha registrato il record di 91 miliardi di dollari. Il nostro Paese ha raccolto una fetta sottile della sostanziosa torta: appena 40 milioni, con una crescita rispetto all’anno precedente dell’8,2 per cento.Un trend a trazione ascensionale che si è confermato anche lo scorso anno: 206 milioni di euro il volume economico per un pubblico stimato che supera i 25 milioni di consumatori, sempre più formato da adulti considerato che il 60% degli utenti finali ha un’età compresa tra i 25 e i 55 anni. Tuttavia si tratta di briciole se paragonate alla forza di fuoco economica delle aziende sparse in Europa o delle multinazionali statunitensi e nipponiche.
«Per aggredire il mercato – spiegano ancora i fondatori della GMA – occorre investire in formazione. Alcune scuole pionieristiche sono attive a Roma e Milano, ma c’è spazio per tutti, e la Sardegna, che da sempre è stata punto di riferimento per le nuove tecnologie, può e deve rapidamente riposizionarsi nel settore».
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Come funziona. La school cagliaritana ha due indirizzi: Game Artist e Game Developer – il primo più orientato alla creazione artistica e alla scrittura, il secondo più alla programmazione -, che da ottobre a giugno faranno oltre 900 ore di attività, suddivise tra lezioni teoriche e pratiche, laboratori e workshop di approfondimento. Il metodo è innovativo e dinamico: Developer e Artist rappresentano due figure chiave nel processo di creazione di un’opera videoludica. Insieme realizzeranno una capstone, un progetto di videogioco completo, che per gli allievi rappresenterà il primo vero ingresso nell’industria di settore. In ciascun piano di studi sono proposte lezioni dedicate a insegnamenti fondamentali del proprio corso, elementi fondamentali delle materia dell’altro indirizzo e materie complementari comuni: game design, computer music, scrittura e sceneggiatura, marketing, modellazione 2D e 3D. E per il corpo docente ci si è affidati a specialisti di fama e noti al pubblico nell’area di riferimento.
Nel sito internet della Game Maker Academy si scopre, inoltre, che tra i possibili sbocchi professionali non c’è soltanto l’industria del videogame. Sempre più istituzioni pubbliche o private, infatti, come musei o aziende turistiche, di marketing o impegnate nella didattica, ricercano professionisti capaci di adattare il modello del videogioco alle proprie necessità. Tra gli esempi più celebri il Museo Archeologico di Napoli, primo al mondo a distribuire un videogame come azione di marketing pubblicitario: Fhater and Son una storia scritta come un soggetto cinematografico e carica di emozioni da giocare ovunque ma che può essere completata soltanto quando si visitano le stanze del museo. Modello, quest’ultimo, replicato da più parti in Italia e che inizia a far breccia anche nelle istituzioni pubbliche e culturali isolane. Il lavoro del futuro sembra davvero un gioco, no?!
Giovanni Follesa