Diossina nel latte di pecora nel Sud dell’Isola: la pubblicazione scientifica

È allarme diossine nelle aree circostanti Macchiareddu, nel Cagliaritano. Ad accertare la presenza dei pericolosi inquinanti e dei policlorobifenili like diossins (simili alle più note diossine ) nel latte di pecora prelevato nei dintorni della zona industriale è uno studio delle università di Sassari e Bari pubblicato dalla rivista Food and Chemical Toxicology della prestigiosa casa editrice Elsevier. In modo particolare,  “alcuni congeneri di policlorobifenili like diossins (vale a dire: gruppi di inquinanti analoghi alle diossine per effetti e proprietà, ndr.) sono stati ritrovati in quantità superiori ai livelli soglia prescritti dall’Unione Europea”. Questo il risultato delle analisi svolte su alcuni campioni di latte ovino provenienti dal territorio di Elmas, Sestu e nella zona compresa tra Sestu e Sinnai, laddove industrializzazione incontrollata e pastorizia entrano in contatto.

Sostanze cancerogene per lo Iarc

Nonostante lo studio sia stato pubblicato nel 2012, l’allarme è attualissimo. Proprio in questi giorni, infatti, è circolata la notizia dell’assenza di strutture regionali attrezzate per i test sulle diossine.  “Questi composti – spiega Vincenzo Migaleddu, presidente Isde – Medici per l’ambiente sardegna – hanno in media un ciclo di vita di vent’anni. Come stabilito dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), si tratta di sostanze cancerogene, che in quantità limitate possono anche causare patologie respiratorie e modificare il feedback endocrino che sovrintende al corretto sviluppo degli organi e degli apparati, sia in fase pre-natale sia dopo la nascita”.

Si tratta, in altri termini, di sostanze talmente tossiche rispetto alle quali gli scienziati ragionano in termini di picogrammi ovvero di miliardesimi di grammo. “In questo caso, la presenza di policlorobifenili simili alle diossine nei dintorni di Macchiareddu è in concentrazioni tali da richiedere un urgente approfondimento per valutare l’impatto sugli alimenti”, spiega Migaleddu.

In altri termini, la compromissione della catena alimentare e i conseguenti danni alla salute umana potrebbero essere dietro l’angolo. O già in atto, qualora quel latte sia stato utilizzato, ad esempio, per produrre formaggio finito sulle tavole dei consumatori.

“Una situazione di globale e moderata contaminazione”

La presenza dei policlorobifenili, insieme a quella delle diossine e dei furani (rilevati in quantità inferiori ai livelli soglia) porta i ricercatori a parlare di “una situazione di globale e moderata contaminazione”. Ma c’è di più:”L’assenza di informazioni sulla situazione ambientale delle aree esaminate non consente di valutare adeguatamente il contributo delle attività industriali rispetto all’aumento dei contaminanti”, scrivono gli scienziati nelle conclusioni dello studio. Ragion per cui, già nel 2012, sollecitavano “nuove ricerche sui livelli dei contaminanti, specialmente nel latte di pecora proveniente dagli allevamenti presenti nelle aree non industrializzate per attivare un confronto con i dati ricavati dalle analisi pubblicate dalla rivista scientifica”.

Lo studio dice anche altro: “Si tratta di inquinanti riconducibili al processo di combustione. Colpisce, allora, che con una problematica del genere, la regione non si sia data il compito di investigare, ma di aumentare la potenza degli inceneritori, notoriamente fonti di policlorobifenili simili alle diossine e diossine”.

“Infatti – conclude il presidente Isde Sardegna -, gli assessorati competenti sono stati allertati, ma lo studio non è stato preso in considerazione”. Giace in qualche cassetto di chissà quale ufficio.

Piero Loi

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