Creazione di infrastrutture per la fruizione sostenibile del territorio, interventi di recupero e rifunzionalizzazione degli edifici pubblici, sviluppo dei servizi turistici e accoglienza. Sono questi i tre ambiti d’indagine prescelti dai sindaci del Sulcis Iglesiente che stamane si sono riuniti a casa Fenu a Villamassargia, nel quadro della programmazione territoriale promossa dalla Regione. Questa la sintesi trovata nel nome di obiettivi comuni che portino beneficio ai 23 Enti del territorio, nonostante le differenti peculiarità, con lo scopo di portare sul tavolo dell’assessorato regionale alla Programmazione una proposta di respiro territoriale condivisa.
Pragmatismo, flessibilità e sinergia sono state le attitudini maggiormente richiamate dagli amministratori nel corso della riunione a cui ne seguirà una successiva a Santadi, dopo quella tenutasi a Villamassargia in data odierna e a Iglesias lo scorso 8 maggio. Il cronoprogramma piuttosto serrato prevede in tempi brevi l’approdo al Crp, il Centro regionale di programmazione, di una delegazione di primi cittadini per sottoporre un piano d’intervento dettagliato che riguarderà la mobilità sostenibile, la rifunzionalizzazione degli edifici pubblici e il turismo.
Un obiettivo sfidante quello della convergenza progettuale che può essere raggiunto, spronati dal forte ritardo col quale il Sulcis Iglesiente accede alle fonti di finanziamento relative alla programmazione territoriale: una consapevolezza già manifestata dagli amministratori che si erano riuniti a San Giovanni Suergiu e successivamente a Carbonia per il Piano Sulcis. Un ritardo storico di quasi 10 anni rispetto alle altre aree della Sardegna che ne hanno beneficiato e ora colmato dalla Regione attraverso questa opportunità di sviluppo che non deve andare persa. Nell’immediato i sindaci dovranno ideare e lavorare a un progetto che potenzi l’attrattività del Sulcis Iglesiente e contribuisca a un cambio di rotta, dando ossigeno e valore aggiunto a un’area con forti potenzialità, ma sempre più depauperata col rischio di assestarsi come “Mezzogiorno della Sardegna”.