Export sardo in caduta libera nel 2023. L’ultimo trimestre dell’anno appena passato ha infatti certificato una variazione negativa del meno 24 per cento. Il valore complessivo dei prodotti isolani venduti all’estero è passato da 8,98 miliardi a 6,80 miliardi: un calo di oltre due miliardi di euro. Le cose cambiano se si esclude il settore della raffinazione petrolifera (che rappresenta oltre l’82 per cento del totale), ma non nella sostanza: nel 2023, l’export regionale, anche al netto delle lavorazioni di idrocarburi, è calato del meno 13 per cento, lasciando per strada circa 174 milioni di euro, in pratica, le esportazioni annue di tutto il settore chimico-farmaceutico (il quarto per valore dell’export manifatturiero sardo).
Lo si evince da un dossier del Centro studi della Cna Sardegna che analizza anche le prospettive dell’export nell’anno in corso: nell’inizio dell’anno nel complesso l’export sardo è cresciuto (più 8,9 per cento) rispetto allo stesso periodo del 2023, ma il dato diventa negativo al netto del settore petrolifero (meno 1,3 per cento); in ambito manifatturiero, bene il petrolifero (più 11 per cento) e l’agro-alimentare (più 6,1 per cento), recupera l’industria chimica (+21,5 per cento), male la manifattura metallurgica (meno 29,6 per cento).
“I dati sull’export isolano propongono oramai da anni fasi alterne in cui i volumi esportati salgono e scendono a seconda delle congiunture economiche del momento, ma riflettono sempre la debolezza dei nostri sistemi produttivi che nel tempo si dimostrano incapaci di superare le storiche debolezze strutturali; l’export manifatturiero al netto del settore petrolifero in rapporto al Pil è pari al 3,8 per cento contro il 12,9 per cento delle altre regioni meridionali. Occorre – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna – una strategia industriale e coerenti politiche pubbliche di medio e lungo periodo per innalzare la specializzazione e la capacità competitiva della nostra economia, potenziando le filiere produttive, orientando gli investimenti su innovazione, capitale umano, processi aggregativi.”
Nel 2023 si è amplificato il crollo del settore chimico-farmaceutico (meno 33 per cento, da 263 milioni a 177 milioni di euro); il comparto manifatturiero più rilevante è diventato, allora, quello agroalimentare, che ha chiuso l’anno passato con una crescita del più 4,7 per cento (245,8 milioni di euro di fatturato estero, contro i 134 del 2022). È stata buona anche la performance dei prodotti in metallo (più 7,6 per cento rispetto al 2022, arrivando a 232,6 milioni di euro). Ottime le performance del settore dei macchinari e apparecchi (più 88 per cento, 59 milioni), mentre è crollata la vendita di mezzi di trasporto (meno 27,4 per cento, 35 milioni). Il primo trimestre del 2024 ha confermato l’ottimo stato di salute del comparto agroalimentare regionale, il quale, rispetto allo stesso periodo del 2023, ha misurato una crescita superiore al 6 per cento.
Battuta di arresto, di contro, per le vendite di prodotti in metallo (meno 29,6 per cento su base annuale). Dati incoraggianti, invece, per il settore delle sostanze e dei prodotti chimici che, dopo il crollo del 2023, inizia l’anno con un buon più 21,5 per cento. Come si evince dalla ricerca, nel comparto agroalimentare la crescita della domanda di formaggi e derivati diventa “reale”, mentre si amplifica il boom dell’olio sardo Nell’ambito agroalimentare, sia nel 2023 sia nel primo trimestre dell’anno in corso i prodotti lattiero-caseari hanno infatti continuato a farla da padrone (+9,8 per cento in valore nel 2023, +3,3 per cento nel primo trimestre 2024), a testimoniare della buona tenuta della domanda internazionale di formaggi sardi e derivati. In flessione, di contro, il settore pastaio e dei prodotti da forno (-8,9 per cento nel 2023, -7,0 per cento nel primo trimestre 2024), comparto che veniva, però, da un 2022 più che brillante (+56,5 per cento su base annua).
L’anno passato ha registrato anche il calo della vendita, in valore, di vini e bevande (-6,0 per cento); l’industria vinicola regionale tuttavia registra un segnale confortante all’inizio dell’anno in corso, con una crescita dei valori esportati superiore al +6,5 per cento. Ottime le vendite estere del settore oleario; questo comparto si sta rapidamente guadagnando uno spazio importante nel bilancio dell’export regionale agroalimentare; basti dire che il 2023 si è chiuso con un brillante +12,2 per cento, che ha portato il valore dell’olio sardo venduto all’estero a superare i 6,7 milioni di euro, un dato che, alla fine dell’anno in corso, potrebbe persino essere superiore, e a riprova il primo trimestre promette piuttosto bene; basi dire che le esportazioni di olii sardi sono più che raddoppiate in valore, +165 per cento, un dato che corrisponde a oltre 1,7 milioni di euro in più di vendite rispetto al primo trimestre del 2023.
Viene da chiedersi quanto delle dinamiche che osserviamo sia frutto della crescita dei prezzi. Limitandosi al caso del pecorino, nel corso del 2023 il prezzo unitario ha raggiunto il suo record storico, attestandosi, a giugno, a oltre i 15 euro al chilogrammo, quasi sei euro in più di quanto si pagava nel 2021 e 3 euro in più rispetto al 2022. Per dare un’idea dell’effetto dei prezzi, la crescita del valore dell’export di pecorino e dolce sardo nel 2023 è stata del +9 per cento, mentre la dinamica delle quantità vendute (in kg) ha registrato un calo del -5,4 per cento. In altre parole, la crescita del prezzo medio nel 2023 (+15,4 per cento) spiega completamente le dinamiche positive osservate. Nel dettaglio, i 266,7 milioni di euro venduti globalmente all’estero l’anno passato (qui si considera tutto il pecorino e dolce sardo, anche la quota prodotta fuori dall’Isola) corrispondono a circa 18,9 mila tonnellate di prodotto, da confrontare con le 20,0 mila commercializzate nello stesso periodo del 2022.