Lavoro domestico in calo nell’Isola, gli operatori sono oltre 46mila. Gli uomini meno del 10%

Nel 2024 i lavoratori domestici iscritti all’Inps sono stati 817.403, segnando un calo del 2,7% rispetto all’anno precedente, pari a 23.036 unità in meno. È quanto emerge dal convegno “Il lavoro domestico in Italia: una risorsa strategica per il welfare e l’economia”, organizzato da Inps e Nuova collaborazione, l’associazione nazionale dei datori di lavoro domestico. Un trend negativo, ma meno marcato rispetto a quello registrato nel 2023 (-7,1%) e nel 2022 (-7,2%), che segue il picco di regolarizzazioni favorito dal Decreto Rilancio durante la pandemia.

Il fenomeno si inserisce in un contesto noto: cali simili si erano già verificati dopo le regolarizzazioni del 2009 e del 2012, quando gli incentivi all’emersione del lavoro nero avevano fatto registrare aumenti temporanei nel numero degli iscritti. Dal 2022, però, il comparto è tornato a contrarsi, con una tendenza analoga tra uomini e donne. Tuttavia, è proprio la componente femminile a distinguersi: oggi rappresenta l’88,9% del totale, il valore più alto degli ultimi sei anni. I lavoratori uomini sono scesi sotto le 91 mila unità, con un calo del 7% rispetto al 2023, segno che le regolarizzazioni hanno inciso più sul lavoro maschile.

In Sardegna, i numeri confermano il quadro nazionale, ma con qualche peculiarità. Secondo una rielaborazione regionale sui dati Inps a cura di Nuova collaborazione, i lavoratori domestici attivi sono 46.456, di cui ben 42.182 sono donne (il 90,8%) e 4.274 uomini (9,2%). Un’evidente predominanza femminile, superiore persino alla media nazionale.

“La cura non può più essere trattata come un affare privato – ha dichiarato Alfredo Savia, presidente di Nuova collaborazione –. Il lavoro domestico è una colonna portante del nostro welfare sommerso: milioni di famiglie vi si affidano, spesso senza le tutele e i supporti adeguati. È ora di costruire una strategia nazionale condivisa tra istituzioni, lavoratori e famiglie, fondata su incentivi concreti, percorsi formativi seri e strumenti fiscali stabili”.

Il presidente dell’associazione datoriale ha ribadito la necessità di valorizzare le competenze di chi si occupa quotidianamente dell’assistenza a bambini, anziani e persone non autosufficienti: “Solo attraverso la formazione possiamo assicurare standard qualitativi alti e garantire dignità e legalità a chi lavora in un settore troppo spesso trascurato. Le famiglie oggi si fanno carico da sole di una responsabilità enorme: servono politiche pubbliche capaci di riconoscere il valore sociale del lavoro di cura”.

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