È arrivata all’epilogo la travagliata vicenda della Intelicard, l’azienda che quattro anni fa rilevò dalla società Card Net la fabbrica che produceva carte magnetiche a Iglesias. I suoi 14 dipendenti hanno ricevuto oggi le lettere di licenziamento. Un’altra realtà va ad aggiungersi all’interminabile elenco di aziende che hanno gettato la spugna. La Intelicard fa parte del gruppo panamense Inteligensa, una multinazionale leader, si legge nel sito internet, nella progettazione e realizzazione di sistemi di pagamento e di identità con tecnologie avanzate. Il gruppo Inteligensa ha le sue principali attività in America Latina dove fornisce circa un terzo delle carte di credito con una capacità produttiva di circa 15 milioni di pezzi al mese.
Nel 2011 il gruppo panamense, con circa 800 dipendenti in sud America, decide di espandere le proprie attività in Europa, Africa e Medio Oriente, rilevando lo stabilimento iglesiente Card Net, un’azienda gioiello che la famiglia Cammilleri ha costruito nei primi anni 2000 con circa 9 milioni di euro che il ministero delle Attività Produttive ha messo a disposizione nell’ambito del contratto d’area per produrre carte di credito. Soldi che il Ministero sta ancora cercando di recuperare con scarsi risultati, però, dopo il suo fallimento. La Card Net infatti, dopo appena due anni, inizia a barcollare, lasciando una scia incredibile di debiti, soprattutto nei confronti degli artigiani locali che hanno fornito prestazioni di varia natura, fino alla chiusura definitiva con il licenziamento di un centinaio di lavoratori. L’azienda quindi viene presa in carico dai curatori fallimentari per circa otto anni, durante i quali i costosi macchinari di alta tecnologia invecchiano senza produrre più niente.
Fino al 2011 quando, cioè, fa capolino la Intelicard, una società con un capitale sociale di 100 mila euro, come accertato dall’allora assessore provinciale Alberto Pili tramite una visura camerale, di cui l’84 percento in capo alla società panamense Inteligensa, il restante capitale in capo equamente agli altri soci Ettore Gaiani, amministratore unico, e Amedeo D’Angelo, a cui la Provincia di Carbonia Iglesias si rivolge per avere certezze sul futuro produttivo e occupazionale della piccola fabbrica gioiello. Da subito, però, l’Intelicard si presenta come un azienda “anomala”, un azienda che i sindacati più volte hanno cercato di incontrare ma con cui solo in poche occasioni sono riusciti a interloquire. “ La definirei quasi un azienda fantasma – sbotta Daniela Piras, segretaria della Uilm iglesiente – perché di loro non sappiamo quasi niente. Non sappiamo neppure se la richiesta di cassa integrazione in deroga richiesta per i lavoratori è stata accolta. Ma con le lettere di licenziamento diventa tutto più difficile”. In effetti che sia sempre stata un azienda avvolta dal mistero lo dimostra perfino il fatto che anche al Consorzio Industriale di Iglesias non hanno saputo dare informazioni sullo stato della fabbrica, che pure insiste nell’ambito del Consorzio. Eppure la multinazionale ha anche fatto parecchi investimenti, primo fra tutti le somme versate per rilevare la Card Net dal concordato preventivo. Inoltre il tetto è stato ricoperto da pannelli fotovoltaici, creando una vera e propria centrale elettrica che, certamente, soddisfaceva ampiamente i bisogni energetici della produzione e un ritorno economico per l’eccesso di energia prodotta. E i macchinari sono stati rimessi in condizione di produrre nuovamente, dopo la lunga pausa forzata, con l’intervento di tecnici autorizzati. Come pure il suo caveau blindato per la custodia delle carte di credito microchippate e codificate. Le cose sono andate bene per circa un anno e mezzo. “Alla fine del 2012, dicono i dipendenti, sono iniziate a mancare le materie prime. Non capivamo cosa stesse succedendo. Eppure alcuni mesi prima l’azienda ha pure toccato il picco della produzione. Tutto il 2013 è trascorso tra periodi di lavoro e pause forzate, con gli stipendi che arrivavano a singhiozzo”.
Roberto Orrù, uno dei dieci dipendenti assunti nel 2011 non nasconde la sua amarezza: “ Con i miei 35 anni credevo di aver finalmente trovato un azienda che mi permettesse di fare programmi per il futuro, anche perché mi era stato fatto un contratto a tempo indeterminato. Poi i primi sintomi della crisi mi hanno imposto un ripensamento. Stavo già pensando di prendere un mutuo per la casa. Ora sono nuovamente punto e a capo. Sono molto deluso perché questa è una di quelle realtà che in tanti abbiamo sempre auspicato per il nostro territorio, un’azienda pulita, ecologica e tecnologicamente avanzata. Un vero fallimento per tutti”. Nel 2014 la cassa integrazione lascia tutti a casa, con una deroga fino a maggio di quest’anno. Ma non ci saranno, quasi certamente, deroghe ulteriori. La lettera di licenziamento ricevuta quest’oggi dai dipendenti, il cui provvedimento è giustificato da presunti problemi di mercato, non lascia dubbi. L’azienda è stata zelante perfino nel rimuovere immediatamente la targa aziendale posta all’ingresso della proprietà. Un’altra azienda fantasma quindi va ad aggiungersi nel panorama spettrale della zona industriale di Iglesias. Un altro schiaffo, l’ennesimo, al panorama occupazionale della provincia più povera d’Italia.
Carlo Martinelli