Dopo la chiusura a Portoscuso, a rischio anche la centrale “Grazia Deledda”

La sorte per la centrale Enel denominata “Portoscuso” era già segnata da tempo. La centrale – una volta centrale Alsar perché costruita per alimentare lo stabilimento di alluminio primario oggi dell’Alcoa – era stata posta “in riserva fredda” già dagli anni 2000: alimentare una centrale elettrica a olio combustibile era diventato antieconomico. Ancor di più dopo il varo del decreto Bersani che ha sancì la liberalizzazione del mercato dell’energia, rompendo il monopolio statale dell’Enel, e aprendo il mercato ai produttori internazionali.

Nei giorni scorsi i tecnici dell’ente elettrico hanno staccato definitivamente la spina. I pochissimi  dipendenti sono stati trasferiti, al momento, nella vicina centrale “Grazia Deledda” ancora in attività. L’unica del bacino industriale di Portovesme. Le preoccupazioni degli addetti ai lavori, in particolare nel campo elettrico, non sono tanto legate alla definitiva fermata della centrale ex Alsar, la cui sorte era, come detto, già segnata, quanto all’episodio che si è verificato circa un mese fa proprio nella centrale Grazia Deledda dove la produzione di entrambi i gruppi che la compongono è stata portata a zero per una settimana, “senza nessuna ripercussione nel sistema elettrico regionale”.

Una fermata che ha preoccupato non poco i dipendenti della centrale, circa 400 tra diretti e imprese esterne, ma giustificata, dicono le fonti sindacali, da parte dell’ENEL con la progressiva diminuzione della richiesta di energia elettrica. Una sorta di test, insomma, per verificare la tenuta del sistema elettrico. Del resto era stato previstoe che la fermata della grande fabbrica di alluminio dell’Alcoa, estremamente energivora, avrebbe comportato ripercussioni sulla produzione di energia elettrica essendo venuto a mancare il suo “primo” cliente a livello nazionale.

Per la Filctem Cgil territoriale e regionale “occorre una pianificazione seria da parte dell’Enel con una politica energetica industriale che guardi al futuro, e non solo ai dividendi degli azionisti, che abbia come cardine la sinergia con gli altri stabilimenti di Portovesme, sia quelli esistenti come EurAllumina, Alcoa e Portovesme Srl, ma anche quelli che sorgeranno con nuove iniziative imprenditoriali (vedi Bioetanolo) ma soprattutto che le centrali esistenti possano essere alimentate da più fonti per produrre energia termica e elettrica. Dopo la prima settimana a zero produzione, avverte la nota sindacale, presto ne arriveranno altre. Nell’immediato esiste già una conseguenza: la messa in cassaintegrazione da parte di una delle imprese di manutenzione, la Re.No., per 50 lavoratori, vista la diminuzione di commesse di lavoro . Un’altra mazzata per l’occupazione del territorio.

La chiusura della centrale Enel appare un po’ la sintesi del dramma che il territorio del Sulcis Iglesiente sta vivendo con intere strutture industriali vengono abbandonate agli eventi. Il timore che l’Enel, in assenza di utilizzatori dell’energia prodotta, possa smantellare i propri impianti crescono. E appaiono fondati. C’è infatti anche un altro aspetto che avvalora questa ipotesi. L’EurAllumina, la raffineria di bauxite che produce l’ossido di alluminio, materia prima per la produzione dell’alluminio, di proprietà della Rusal, sta avviando la costruzione di una nuova centrale termica a carbone per soddisfare le proprie esigenze di energia. Un po’ come faceva l’Alsar all’inizio della sua avventura industriale, con la “sua”. Che, come si è detto, è quella che è stata appena spenta. 

Carlo Martinelli

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