Con “La voce della verità. Storia di Luigi Polano, il comunista che beffò Mussolini” (Nutrimenti) Vindice Lecis, ripercorre in modo avvincente, muovendosi tra realtà e finzione, tra narrazione e ricostruzione storica, le vicende dello “Spettro”.
“Lo Spettro” altro non era che una voce esterna che alle 20,20 di ogni sera , orario della messa in onda del Commento ai fatti del giorno, interrompeva il principe della propaganda radiofonica fascista, Mario Appelius. Quella voce decisa, convincente, osava polemizzare, contraddire, accusare, smascherare le bugie di una propaganda che, in assenza di un contraddittorio, cercava di nascondere agli italiani le vergogne e i misfatti del regime fascista.
Siamo nel 1941 e l’Italia fascista è in guerra al fianco della Germania di Hitler e la caduta dell’Unione Sovietica sembra oramai imminente. Il contraddittorio tra lo Spettro e Appelius continuerà, quasi ininterrottamente, per i successivi tre anni, tutte le sere, fino alla caduta di Roma. Quella “voce della verità” rappresentava una delle poche voci libere che osavano opporsi alla martellante propaganda fascista. Una voce libera che faceva andare su tutte le furie Mussolini ed era diventata un vero e proprio incubo per l’ispettore Porfirio Piredda, della Divisione della polizia politica.
Dietro quella voce, dietro “lo Spettro”, si nascondeva il comunista Luigi Polano che, su incarico di Togliatti, aveva allestito in una località segreta, e che segreta rimarrà, una potente radio capace di inserirsi nelle trasmissioni ufficiali dell’EIAR.
Una straordinaria figura di comunista e di antifascista, Luigi Polano. Nato a Sassari alla fine dell’Ottocento, aderì giovanissimo alla Federazione giovanile socialista, successivamente, nel 1920, fu insieme a Gramsci, Terracini, Bordiga ed altri, uno dei promotori della mozione comunista. Nel 1921 fu uno dei fondatori, a Livorno, del Partito Comunista d’Italia, diventando poi il primo segretario nazionale della Federazione giovanile comunista. Iniziava così l’avventurosa vicenda politica e umana di un rivoluzionario di professione che ha dedicato tutta la vita alla causa della rivoluzione comunista.
Le vicende raccontate con efficacia da Vindice Lecis mettono in evidenza, insieme al protagonista assoluto, due altre figure assai significative: Maria Piras, la moglie di Luigi Polano, e un personaggio verosimilmente di fantasia, l’ispettore della polizia politica, Porfirio Piredda. Maria Piras, amica d’infanzia e vicina di casa, dividerà con Polano tutte le scelte politiche e di vita, diventando essa stessa una rivoluzionaria di professione. Decorata per la guerra di Spagna e quella del Caucaso contro i nazisti durante la seconda guerra mondiale, è stata una donna e una compagna eccezionale che ha dovuto sobbarcarsi, spesso in solitudine, il doppio ruolo di rivoluzionaria e di moglie, mentre il marito era impegnato nelle sue tante missioni all’estero.
Porfirio Piredda, il poliziotto che della caccia allo Spettro aveva fatto una ragione di vita, è un fascista insofferente delle gerarchie e delle milizie, che cerca invano di arrestare la “primula rossa” che si prende gioco di Mussolini: “Un poliziotto dal fiuto sviluppato, che a una volontà tenace univa una sottile propensione persecutoria. Era capace di ingaggiare battaglie personali che duravano anni. Sognava una carriera senza inciampi”. Ed invece inciampò proprio nello Spettro. Su tutto si impone la figura straordinaria di Luigi Polano: “ Alto e magro, il volto severo, la fronte alta, sormontata da una folta capigliatura scura, gli occhiali rotondi senza stanghette. Sempre vestito con ricercatezza”.
A chi, già avanti negli anni, gli chiedeva della radio e della sua vita avventurosa, Polano rispondeva che “la riservatezza era il costume dei comunisti e che bisognava guardare avanti”. Una riservatezza e una lealtà che gli hanno impedito di rivelare persino ad Enrico Berlinguer il luogo da cui lo Spettro trasmetteva: “Ho promesso a Togliatti di non rivelarlo mai a nessuno”, e quel segreto se lo è portato nella tomba. Una fedeltà alla parola data, uno stile di vita diventati assai rari nel panorama della “piccola” Italia della politica di oggi. Un libro scritto bene, tutto da leggere.
Massimo Dadea