È il 21 novembre 1856. Johann Georg Bornemann ha venticinque anni e si appresta ad effettuare il suo primo viaggio in Sardegna. Si è laureato due anni prima in Geologia a Gottinga e ha già realizzato alcune pubblicazioni di una certa importanza. Grazie all’interessamento di Alexander von Humboldt ha trascorso tutta l’estate nell’Italia meridionale per studiare i fenomeni legati al vulcanismo. Ma di ritorno dal Bel Paese, riceve una proposta allettante: realizzare un viaggio esplorativo in una terra ancora poco conosciuta.
Scrive al fratello che si trova in Germania: “Domani partirò da Genova a Cagliari per attraversare a cavallo la quasi sconosciuta Sardegna dove, per miglia e miglia, non si incontrano strade… La maggior parte della gente racconta storie di ladri e di assassinii, tanto che ho comprato una rivoltella per mia difesa personale… Lo scopo di questo viaggio consiste nel vedere se è possibile avviare una qualche attività nelle numerose aree minerarie o se sia possibile trovare dei territori adatti all’agricoltura e alla viticoltura”.
Von Humboldt lo ha messo in contatto con Alberto Della Marmora. Il generale, massimo esperto della storia naturale dell’isola, gli fornisce appoggi in loco e gli fa un regalo inaspettato: una copia inedita della sua carta geologica della Sardegna, frutto di anni di studi e ricerche nell’isola dimenticata.
Inizia così l’avventura di Johann Georg Bornemann in Sardegna, il primo amministratore delle miniere di Ingurtosu e Gennamari nonché autore di alcune importanti pagine sulla geologia e sulla paleontologia sarda.
Al Bornemann e alle sue esperienze scientifiche nell’Isola è dedicata la mostra che verrà allestita dal 7 al 15 giugno presso il Museo civico di San Vito. Già ospitata a Montevecchio e successivamente in programma a Muravera, l’esibizione è suddivisa in tre sezioni.
La prima, curata da Antonietta Cherchi e Rolf Schroeder, è incentrata sulla vita di Bornemann: i pannelli curati dai due accademici riproducono una vasta serie di interessanti documenti, inediti e personali, tra i quali anche la lettera che Johann Georg scrisse al fratello Christian prima di partire per l’Isola.
Nella seconda, invece, viene messo in evidenza lo stretto rapporto tra politica, economia e scienza che caratterizzò la storia mineraria sarda a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Questa sezione è stata realizzata da Giancarlo Nonnoi e dal gruppo di lavoro di Sardoa d-Library, la libreria digitale dedicata alla storia delle scienze in Sardegna, all’interno della quale è possibile consultare le biografie e le opere dei principali scienziati della terra che operarono in Sardegna durante quest’epoca.
Infine, la terza sezione, realizzata da Gian Luigi Pillola, ripercorre in maniera più esaustiva l’apporto scientifico che Bornemann diede allo studio del territorio dell’Isola, e permette di capire l’eredità scientifica delle sue opere e del suo sguardo di scienziato scrupoloso e attento ai dettagli nascosti tra le rocce sarde.
“In una barca a vela da Carloforte – scrive Bornemann in uno saggio del 1881 dedicato alla stratigrafia dell’Isola, riportato in uno dei pannelli esplicativi – costeggiammo la rapida costa da Pan di Zucchero, una roccia notevole di fronte a Masua, dirigendoci verso Nord fino a Canalgrande e Buggerru…
Il bel profilo degli strati fortemente inclinati, formanti una grande sella a Canalgrande, l’aspetto delle masse spaccate da faglie, attraversate da grotte, infine una molteplicità di fenomeni pittoreschi che si presentavano davanti ai nostri occhi, ben presto ci hanno convinto che la conformazione geologica di questa contrada è molto più complicata di quanto precedentemente ipotizzato e che bisognava fare tante ricerche prima di sbrogliare la stratigrafia di questi sistemi”.
La mostra è quindi un utile strumento che permette di fare luce sulla storia dello sviluppo della geologia e della paleontologia in Sardegna, attraverso la vita e l’opera del naturalista e imprenditore tedesco, in un tempo in cui la nostra terra cominciava ad uscire da un lungo oblio per essere raccontata al mondo.
Carlo Mulas