Uta, carcere come set cinematografico: il coro delle detenute diventa un film

Ciak si gira, nel carcere di Uta. Il 5 febbraio partono le riprese di Coreuta, il docufilm che racconta genesi ed esperienza dell’omonimo ‘Coro ‘e Uta’ , l’ensemble vocale che sta muovendo i primi passi nella sezione femminile della casa circondariale cagliaritana. A guidarlo due straordinarie voci come quelle di Elena Ledda e Simonetta Soro, in un repertorio che spazia dalla tradizione sarda e italiana a quelle di altre etnie e composizioni originali. Da questo progetto sociale e musicale nascerà un prodotto cinematografico per la regia di Paolo Carboni, l’autore del recente Casteddusicsti. L’iniziativa, promossa dall’associazione Socialismo diritti riforme guidata da Maria Grazia Caligaris, con la collaborazione della direzione del carcere e dell’area educativa, ha ottenuto il placet del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il docufilm, senza scopo di lucro, sarà presentato esclusivamente in circuiti di carattere culturale.

“Il coro ha una funzione aggregante. Funge da collante e favorisce unione e rispetto in un ambito in cui la convivenza è particolarmente difficile”, spiega Simonetta Soro. “Attraverso la costruzione di un insieme di voci armonizzate – aggiunge Elena Ledda – è possibile migliorare le relazioni interpersonali anche tra le mura o i ristretti spazi di una casa di reclusione”. Il direttore del carcere, Marco Porcu, sottolinea come “per la prima volta una telecamera entra nel nostro istituto per documentare un progetto-evento che valorizza la componente femminile della popolazione detentiva. Un’occasione di crescita per tutti perché fornirà anche all’area educativa e a quella della sicurezza ulteriori elementi di conoscenza delle detenute e della convivenza improntata sulla collaborazione”. Da parte sua, Maria Grazia Caligaris evidenzia la difficoltà di guidare un gruppo vocale le cui componenti cambiano in continuazione: “Si tratta infatti di persone private della libertà con pene brevi, nella maggioranza dei casi. Ma il Dap ha colto il valore educativo della musica e del canto, sposando il progetto”.

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