Una ‘foresta di tappeti’ con le piante mediterranee e il design tessile di Mariantonia Urru. La mostra a Olbia tra artigianato e natura

di Andrea Tramonte

Nello spazio non c’è quasi soluzione di continuità tra le piccole “foreste”, oasi verdi di piante di varie dimensioni, e i grandi tappeti di lana appesi in verticale o disposti orizzontalmente sui pavimenti. Ci sono diversi manufatti tessili – che nascono dalla lana di pecora, un materiale non trattato chimicamente, tenuto pienamente “naturale” – e c’è la macchia mediterranea: l’allestimento mette in relazione le piante e l’artigianato, l’ambiente e la costruzione umana, stabilendo un terreno comune che è loro. Il progetto è “Una foresta di tappeti” ed è una mostra che rimarrà allestita fino a domenica 20 ottobre a Olbia negli spazi dell’ex Padiglione Audi nella zona industriale della città gallurese. Nasce dall’idea di Giuseppe Demelas per raccontare i prodotti della sua azienda tessile, Mariantonia Urru di Samugheo, che già da anni ha allargato la visuale dall’artigianato locale a una visione del design aperta e globale; ma tenendo sempre salde le radici e viva la necessità di raccontare il territorio, la sua storia e le sue tradizioni.

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Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’architetto Maurizio Usai – che ha curato l’allestimento – e Greenitaly Coast: un percorso in cui le piante disseminate sullo spazio fanno da cornice, dialogano con e valorizzano i tappeti e gli arazzi di Mariantonia Urru, firmati da designer come Paulina Herrera Letelier, Carolina Melis, Pretziada, Stefano Asili (solo per citarne alcuni). “Rug Forest – spiega Demelas – vuole essere un invito ad immergersi nelle sensazioni fisiche, tattili ed emozionali che la lana di pecora, materiale naturale nella sua forma più autentica e priva di trattamenti chimici e alteranti, genera in un contesto nuovo: la cornice della macchia mediterranea. Un tentativo di fusione tra due realtà autentiche: i fili intrecciati dei tappeti, creazioni uniche ed innovative, si fondono con gli arbusti e la vegetazione mediterranee, per regalare un’esperienza nuova, pura ed elegante”.

“Il tappeto valorizza il tema del materiale della lana e si lega più in generale a quello del comparto agropastorale – spiega invece l’architetto cagliaritano -. Da qui ho sviluppato il tema dell’allestimento verde, dove ho unito una componente di bosco e macchia a una di campo, di prato, di pascolo più o meno fiorito”. Le pecore e i pascoli, e poi il lavoro dell’uomo che trasforma la lana e sembra voler restituire il frutto del suo lavoro a quella “natura” con la quale in realtà non esiste una separazione (e le riflessioni ambientaliste più profonde e radicali di questi anni contestano profondamente la distinzione uomo-natura, la sua artificiosità e anche la sua pericolosità). “Volevamo avvolgere i tappeti in una componente di verde che un po’ neutralizzasse la struttura architettonica dello spazio – spiega Usai. La scelta delle piante è stata mirata: non solo le varietà dei nostri ecosistemi – i lecci, per esempio – ma anche scelte che in qualche modo andassero a integrarsi nelle texture della nostra vegetazione. “La canfora di origine orientale, ad esempio, e un pero cinese scelto perché era impossibile trovarne altri di questa forma e altezza”, racconta. “E poi la parte arbustiva – corbezzolo e mirto – con altre piante non sarde che si adattano ai nostri giardini. Poi una composizione di graminacee e in mezzo due piante emblematiche: il finocchio selvatico e un cardo dei lanaioli, che era una scelta profondamente simbolica”.

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