Tra Battisti, afro-space e psichedelia: ‘Sfera’, il nuovo disco degli Apollo Beat

Il nuovo album degli Apollo Beat è un viaggio fra terra e spazio, un percorso metafisico nella coscienza dell’uomo dalle origini fino ai limiti della conoscenza; un lavoro che sta in bilico tra luce e oscurità. Sfera – questo il titolo – rappresenta una svolta rispetto ai dischi precedenti. Conserva lo sguardo retro sulla musica – che rappresenta un po’ la cifra stilistica della band sassarese – e mantiene un’impronta che è funk, ma va molto oltre: è un disco in grado di spaziare dall’afro beat al prog italiano anni Settanta, dalla disco all’exotica, dalle colonne sonore alla psichedelia. Con una novità ulteriore, ancora più significativa: l’apertura alla voce e alla forma canzone, che si affianca agli strumentali classici della band. “È un caleidoscopio delle suggestioni e delle ispirazioni raccolte negli ultimi anni”, spiega Giuseppe Bulla, voce e chitarra degli Apollo Beat. “Non abbiamo idea di come questo sviluppo andrà a finire. Il processo creativo, del resto, non ha un obiettivo stabilito a priori. In questo periodo abbiamo composto dei brani nuovi completamente diversi da questi. Chissà cosa verrà fuori in futuro, ma di sicuro abbiamo molta voglia di sperimentare”.

Sfera è uscito per l’etichetta bolognese Irma Records su cd e vinile e verrà presentato oggi alle 21 al Teatro Verdi di Sassari per una serata organizzata in collaborazione con Le Ragazze Terribili. L’album è stato anticipato dall’uscita del videoclip di Luce, uno dei due brani cantati: una canzone che richiama alla memoria immediatamente Lucio Battisti e che suona attualissimo, visto il debito enorme che la musica italiana contemporanea ha nei suoi confronti e in particolare in quella che è la nuova canzone italiana (impropriamente chiamata “indie”). “Anima latina è uno dei miei dischi fondamentali – spiega Bulla – e il fatto che questo brano abbia quelle sonorità è una cosa naturale, non cercata o voluta. L’idea era quella di scrivere una canzone che le persone potessero cantare in spiaggia intorno a un falò. Rispetto alla riscoperta di Battisti condotta in questi anni, voglio precisare che noi siamo un po’ disconnessi rispetto all’ambiente musicale italiano di oggi. Non abbiamo quegli ascolti. Abbiamo ascolti degli anni Settanta e questo emerge naturalmente nel disco”. Il videoclip è stato girato da Michele Gagliani, è stato realizzato in collaborazione con la sezione di Sassari dell’Unione Italiana Ciechi e parla di “luce” con chi la luce non la può vedere. “Interfacciarci con quel mondo ci ha insegnato moltissimo, è stato davvero molto intenso”, dice Bulla.

Gli Apollo Beat si sono formati nel 2012 con l’idea di reinterpretare colonne sonore italiane anni Settanta, in particolare di pellicole “di genere” come i poliziotteschi. Oltre al già citato Bulla, la band è composta da Diego Ganga (basso), Paolo Pieraccini (tastiere), Salvatore Coinu (batteria), Diego Moretti (percussioni). Il primo disco è Stereofonie moderne del 2015, a cui segue una mini serie web intitolata come il nome della band, la cui puntata pilota vince il premio Word-wide web-serie al Festival internazionale del cinema di Taormina. Oggi il nuovo disco, che si emancipa da quella “spinta cinematica” che li ha caratterizzati per proporsi con un suono più ampio, non identificabile con una nicchia di genere.

L’album è un nuovo punto di partenza nel quale la perizia strumentale della band si mette al servizio di un’idea di suono più varia, ricca e matura. Dalle sonorità afro-space di Kupu Kupi alla disco apripista di Radiomania, dalla cover di una oscura band italiana jazz funk dei Settanta come Duo Balls ai richiami alla Sardegna de Le origini, dove la psichedelia è resa ancora più suggestiva dall’uso dei suoni profondi del canto a tenore. Fino a canzoni come Luce e Limite, che aprono nuove prospettive – interessantissime – per la band sassarese.

Andrea Tramonte

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