Su ‘Rai 3 Sardegna’ domani ‘Bar Seui’: racconto di una comunità a Cagliari

Da una storia di famiglia al racconto dell’esperienza di una comunità. La storia di una migrazione interna, tra un paese della Barbagia alla città capoluogo, che porta i suoi protagonisti ad affrontare difficoltà e situazioni comuni a chi si sposta per necessità da una parte all’altra del mondo.

È soprattutto questo Bar Seui, il primo documentario del giornalista Andrea Deidda (redattore di SardiniaPost) che domani, domenica 8 novembre alle 9.30 del mattino, verrà trasmesso su Rai 3 Sardegna nell’ambito della programmazione in lingua sarda.  Il film, parlato nella variante campidanese, ricostruisce la storia di Armando, il nonno del regista, che nell’immediato secondo Dopoguerra è costretto a emigrare dal piccolo paese di Seui, tra i monti dell’interno Sardegna, per arrivare a Cagliari alla ricerca di un futuro migliore. Da una condizione di estrema povertà, in una città distrutta dai bombardamenti americani, si riscatta grazie all’aiuto dei propri compaesani. Dal racconto emerge l’esperienza di una comunità coesa che negli anni è riuscita ad affermarsi soprattutto nel commercio e nella ristorazione, affrontando problemi e pregiudizi simili a quelli che oggi affronta chi si trova a vivere in un Paese straniero.

“Il documentario – si legge nelle note di accompagnamento al film – nasce dalla volontà di ricordare una storia personale che sarebbe rimasta circoscritta all’ambito familiare. Una storia al tempo stesso universale perché, nonostante sia accaduta tanti anni fa e all’interno di un’isola, parla di un fenomeno da sempre presente nella storia del mondo. Sia che avvenga tra Stati distanti migliaia di chilometri, sia che avvenga tra un piccolo paese di montagna e una città, l’emigrazione porta con sé caratteri comuni: difficoltà sociali, per essere accettati in una società molto diversa da quella che si lascia alle spalle, problemi economici, pregiudizi da affrontare, paure. Ma anche sentimenti di riscatto forti di chi dal nulla lotta per emergere, la solidarietà dei propri pari e il senso di comunità che spesso si instaura all’interno delle reti migratorie”.

Il film è strutturato su una serie di interviste attraverso le quali si cerca di ricostruire un unico racconto collettivo: “Abbandonata la strada di un’intervista in prima persona a mio nonno  – è scritto -, ho deciso di ripercorrere il suo viaggio da Seui a Cagliari a distanza di quasi un secolo, sono salito sui monti della sua infanzia, ho parlato con le persone che conoscevano la sua storia e quella che ha fatto iniziare tutto: l’uccisione del fratello maggiore per mano di una banda di abigeatari. Ho poi parlato con chi ha fatto il suo stesso percorso, chi ha sentito racconti simili dai propri genitori, chi ha visto com’era Cagliari negli anni ‘50 e ‘60, la stessa che raccontava Armando, rivivendo le stesse atmosfere attraverso filmati d’epoca. Ho cercato di mettere insieme i tasselli del puzzle”.

Il documentario è stato realizzato grazie al premio Kentzeboghes 2018  sulle produzioni cinematografiche in lingua sarda promosso da Cineteca sarda e associazione Babel. Alla produzione ha partecipato anche l’associazione culturale Arvéschida. La fotografia è stata curata da Daniele Arca che assieme a Davide Dal Padullo si è occupato del montaggio. All’organizzazione hanno lavorato Viola Denise Cannas e Lucrezia Degortes.

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