Cinque mesi per riportare alla luce il mistero e la bellezza del nuraghe Belveghile, ora destinato alla fruizione turistica. La prima fase dei lavori di scavo nel sito archeologico alla periferia di Olbia si è conclusa con il rinvenimento di strutture architettoniche inedite e numerosi reperti che arricchiscono le conoscenze sulla civiltà nuragica.
La campagna di scavo, realizzata grazie a un finanziamento di un milione di euro del Ministero della cultura per la Sardegna, ha riguardato un’area di circa 1.000 metri quadri. Si è scoperto che il sito si estende ben al di là delle stime fatte finora e che presentava diverse dimore. Attualmente si possono intravedere 12 strutture, sia di forma circolare, sia rettangolare, che mostrano una diversificazione dal punto di vista architettonico, cronologico e culturale.
Fra queste è stato deciso di approfondire, per la sua particolarità, lo scavo della capanna adiacente al nuraghe: lunga 17 metri, divisa in più vani venne utilizzata per un lungo periodo di tempo per attività prevalentemente artigianali, verosimilmente legate alla lavorazione di pelli e tessuti.
È la prima volta che questa tipologia viene ritrovata nel nord Sardegna. Sono stati recuperati più di 100 strumenti in pietra e terracotta di varie forme e grandezza: mortai, pestelli, lisciatoi e molteplici contenitori in ceramica, per lo più tegami, teglie e ciotole.
“Il nuraghe Belveghile è un sito con una storia recente molto difficile e non possiamo nascondere ciò che è stato realizzato nelle sue vicinanze, ma proprio per questo meritava attenzioni significative – spiega Patricia Olivo, segretaria regionale del Ministero della cultura per la Sardegna – Il monumento, inoltre, sarà inserito nell’app ìdese, di prossima uscita, realizzata per la creazione e lo sviluppo di percorsi culturali”.