Dalla Sardegna viene rilanciato e dalla stessa Sardegna viene fortemente criticato. È lo ‘schwa’, il fonema e grafema a forma di ‘e’ rovesciata (ə) dalla pronuncia complicata che in molti – a partire dalla scrittrice Michela Murgia – vorrebbero fosse inserito alla fine di sostantivi e aggettivi per renderli ‘neutri’, né femminili né maschili.
Dopo la proposta avanzata dall’autrice di Cabras e condivisa da Vera Gheno di introdurre nei testi di tutti i giorni (giornali, testi pubblicitari, libri o nelle scuole) questo nuovo segno fonetico, il movimento che promuove l’inclusività nella lingua italiana ha raccolto moltissime adesioni, tanto che il simbolo ricorre ormai nelle chat di tutti gli smartphone. Come quelli Apple, che ora includono questo segno grafico nella tastiera. Ma non sono solo proseliti. Da mesi il mondo dei linguisti e accademici italiani dibatte. E ora, sempre dalla Sardegna, parte una petizione su Change.org dal titolo ‘Lo schwa (ə)? No, grazie. Pro lingua nostra’.
La raccolta di firme è stata lanciata Massimo Arcangeli (linguista e scrittore, ordinario di Linguistica italiana all’Università di Cagliari) e prende spunto da un verbale del ministero dell’Università e della Ricerca che introduce nel documento ufficiale proprio lo schwa, applicata al termine professore, che diventa ‘professorə’.
“Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa – si legge nel testo dell’appello -. I promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente corretto, pur consapevoli che l’uso della “e” rovesciata’ non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico, predicano regole inaccettabili, col rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche”. E ancora: “Lo schwa e altri simboli (slash, asterischi, chioccioline, ecc.), oppure specifici suoni (come la “u” in “Caru tuttu”, per “Cari tutti, care tutte”), che si vorrebbe introdurre a modificare l’uso linguistico italiano corrente, non sono motivati da reali richieste di cambiamento. Sono invece il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività”.
La petizione coinvolge il mondo accademico dei linguisti e accoglie firme come quelle di Angelo d’Orsi, Edith Bruck, Alessandro Barbero, Massimo Cacciari, Ascanio Celestini, Paolo Flores d’Arcais, Gian Luigi Beccaria e Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca.
Mar. Pi.
Ecco la risposta di Michela Murgia: