Santa Cristina, previsione delle eclissi: nuragici guardavano la luna nel pozzo

di Paolo Littarru* – Il pozzo di Santa Cristina a Paulilatino è uno dei primi strumenti usati nel mondo per prevedere le eclissi, forse addirittura il più antico. Questa è la tesi sostenuta da tempo da Arnold Lebeuf, professore franco-polacco, già docente ordinario di Storia delle religioni all’Università Jagellonica di Cracovia e autore di fondamentali studi nella affascinante disciplina nota come archeoastronomia. Ovvero, una combinazione di studi astronomici e archeologici, finalizzata alla comprensione della conoscenza dei fenomeni celesti da parte dei popoli antichi e del ruolo che gli astri hanno svolto all’interno delle loro culture.

Era noto, fin dagli anni Ottanta – a seguito degli studi di Carlo Maxia, Lello Fadda, Giuliano Romano, e dei successivi approfondimenti curati da Mauro Peppino Zedda e Franco Laner – come il rapporto base-altezza della cupola del magnifico pozzo di Paulilatino sia caratterizzato da una geometria astronomica lunare, ossia la linea passante tra il nord della base della cupola e il foro apicale (l’oculus) risulta inclinata rispetto alla verticale, secondo un angolo che caratterizza il punto in cui la luna stessa attraversa il meridiano durante il cosiddetto lunistizio maggiore settentrionale. Che è il momento astronomico in cui il pianeta satellite della Terra raggiunge il punto più alto del suo ciclo (la massima declinazione, in termini tecnici), che dura circa 18,6 anni.

Un’approssimazione di un grado della precisione dell’orientamento avrebbe attestato comunque un significato astronomico del pozzo. Ma il professor Lebeuf, in un suo studio compendiato nel libro Il pozzo di Santa Cristina, un osservatorio lunare, pubblicato nel maggio del 2011, ha stimato la precisione della geometria lunare in questione in circa tre primi, cioè un ventesimo di grado. Al di là dei tecnicismi, questi dati evidenziano una precisione della geometria lunare letteralmente sbalorditiva, se si assume che il pozzo è stato costruito intorno al Mille a.C.

Sezione verticale del pozzo di Santa Cristina

Nei suoi studi, Lebeuf mise in luce l’estrema raffinatezza della lavorazione delle pietre usate per costruire il monumento, tutte finemente squadrate e disposte ad anelli concentrici. In particolare un filare di pietre – sui ventidue che compongono la tholos del pozzo e rispetto ai quali ha uno spessore maggiore di una volta e mezzo – marca con estrema precisione il punto astronomico denominato lunistizio medio. Tale particolarità aveva indotto lo studioso franco-polacco a ritenere che la geometria lunare del pozzo di Paulilatino avesse quindi non solamente valore rituale (come evidente già dagli studi di Mauro Peppino Zedda), ma addirittura previsionale: il Santa Cristina era addirittura un osservatorio astronomico a carattere lunare, cioè uno strumento attraverso il quale i suoi costruttori osservavano e registravano i moti della luna al fine di prevedere le eclissi, appunto.

Franco Laner, docente di Tecnologia dell’architettura all’università Iuav di Venezia, ha definito in modo altisonante il pozzo. Il professore ha parlato di “teatro cosmico, matrimonio perfetto di scienza e arte”, mentre lo studio di Lebeuf, dal 2016 cittadino onorario di Paulilatino, è approdato addirittura nel monumentale trattato Handbook of archaeoastronomy and ethnoastronomy, la bibbia dell’archeoastronomia mondiale, edito nel 2015 dalla Springer di New York, forse la più prestigiosa casa editrice scientifica del mondo.

Fascino e meraviglia di Santa Cristina si potranno ammirare nella notte del 9 gennaio 2020: precisamente alle 23,44 la luce della luna, al momento del passaggio in meridiano, dovrebbe raggiungere il filare di pietre anomalo denominato K proprio nel rilievo indicato dal professor Lebeuf e segnare il lunistizio medio. La notte successiva, il 10 gennaio, la luce lunare dovrebbe invece raggiungere il filare denominato J, ovvero quello prima del K e che è stato costruito con una pietra più spessa.

* Ingegnere e studioso di Archeoastronomia

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