Paolo Fresu, da “Food” ad ambasciatore Assoenologi: “Riconoscimento dedicato a mio padre”

di Ilenia Mura

Food and beverage, cibo e vino. In Sardegna, dove c’è amicizia e convivialità, non mancano mai. E l’ultimo album di Paolo Fresu s’intitola, appunto, Food. Qual è il messaggio?

«Food racconta il piacere del cibo e del vino ma anche l’equità sulla nutrizione che ancora manca nel mondo. Ci sono luoghi dove si spreca il cibo ed altri dove non c’è. Ci sono luoghi dove non c’è acqua per coltivare e luoghi dove per lavare i denti si tiene aperto il rubinetto per dieci minuti. E’ forse il cibo a definire lo stato di salute del pianeta e delle sue comunità e culture e c’è ancora molto da fare affinché si sia tutti sullo stesso piano. Pertanto Food non è solamente gusto ma anche riflessione politica e culturale. Nel booklet del cd abbiamo messo una frase di Sandro Pertini che recita “Si svuotino gli arsenali e si colmino i granai”. Mai come in questo momento questa frase assume un significato così importante».

Paolo Fresu al congresso Assoenologi

Cuore, anima, empatia. L’uscita del cd a quattro mani nel maggio 2023: il sardo Paolo Fresu firma quest’ultimo lavoro col pianista cubano di Camagüey Omar Sosa. E proprio mentre i due musicisti, a distanza di un anno, suonano il loro concept-album dedicato (anche) al cibo, sui prestigiosi palchi della Penisola (il 24 maggio al Teatro Manzoni di Milano), il trombettista di Berchidda diventa ambasciatore della cultura del vino e delle tradizioni nella sua Isola: un riconoscimento fortemente voluto da Assoenologi e in primis dal presidente Assoenologi Sardegna, Mariano Murru, per aver contribuito – questa la motivazione – a promuovere la cultura del vino e delle tradizioni attraverso la musica, veicolo, assieme al vino, di pace, convivialità e vicinanza tra i popoli. E per aver collaborato, fin dalle prime edizioni – aggiunge l’enologo Murru – con il museo regionale della vite e del vino di Berchidda facendolo conoscere ad un pubblico internazionale”.

Dunque, ricapitoliamo: dopo l’uscita dell’album “Food” Paolo Fresu è diventato ambasciatore della cultura del vino e delle tradizioni della Sardegna, ma anche socio onorario Assoenologi, l’associazione degli enologi italiani. Si aspettava questo riconoscimento?

«Non mi aspettavo questo riconoscimento che ho voluto dedicare a mio padre, pastore, contadino e viticoltore, e ai berchiddesi che conoscono in profondità la cultura del vino. Io sono un semplice appassionato di enologia, loro sono quelli che lavorano la terra con passione e fatica, con conoscenza e amore».

Però anche aver portato la Sardegna in giro per il mondo e (quasi) il resto del mondo a Berchidda è un gesto d’amore. Che cosa significa, oggi, essere ambasciatore dell’Isola? Stiamo comunicando bene o dobbiamo ancora migliorarci?

«Possiamo sempre migliorare. In alcune parti del mondo non sanno cosa è la Sardegna e dove è ma questo è in qualche modo normale nella globalizzazione odierna. Sarebbe dunque importante una riflessione ad ampio raggio sul racconto della nostra isola che offre una ricchezza enorme, che è fatta non solo dalla sua bellezza ma soprattutto dalla sua unicità. Sono convinto che sia questo da raccontare e da offrire andando forse controcorrente rispetto alle campagne pubblicitarie che promozionano i territori».

Durante i lavori del congresso Assoenologi si è appunto parlato di un’Isola di valori. Quali sono dunque quelli più importanti e da preservare?

«A mio avviso i valori da preservare sono quelli che nascono dalla gente, dalla terra e dal mare. Non avessimo il mare non saremmo un’isola. Non avessimo la terra non ci sarebbe la sua gente che nei secoli ha sviluppato un senso di protezione ma anche di accoglienza».

Torniamo al vino: se fosse una canzone o un genere musicale, quale sarebbe per lei?

«Nella preparazione di Food abbiamo passato un intero anno a registrare i suoni dei ristoranti e delle cantine. Il tintinnio di un calice, lo sfregolìo dell’olio che frigge, il suono di una brace che cucina una carne o un pesce, i suoni di un torchio che, debitamente trattato in studio, diventa una base ritmica. A questi abbiamo aggiunto le voci della gente che parla di cibo o che declama una ricetta. Voci che provengono dalla Sardegna, da Cuba, dagli Stati Uniti, dal Sudafrica.

Vino è dunque musica come è musica il cibo. Non credo che ci sia una tipologia di musica a poter raccontare il vino ma di certo il jazz si presta perché è vicino al concetto di gusto che apprezza il dettaglio. Bere un buon bicchiere di vino assieme agli altri non è diverso dall’andare ad un concerto o a piangere e ridere al cinema. Nella produzione del vino c’è un’artigianalità che è simile a quella del jazz e che fa si che chi ama la nostra musica sia un appassionato di vino. Noi abbiamo scelto per Food “A Cimma” di Fabrizio de André che parla di una ricetta da cucinare con quella lentezza che sembra mancare in questo momento. La stessa con cui si deve assaporare un buon calice di vino».

Con il festival di Berchidda lei ha fatto praticamente un miracolo: un piccolo paese del nord Sardegna è diventato luogo d’incontro fra popoli, oltre che sonorità jazz, etniche, world music e musica contemporanea. Se Fresu fosse assessore alla Cultura, o turismo, quale altro miracolo le verrebbe da compiere?

«I miracoli non esistono ma bisogna sempre credere in qualcosa. Noi continuiamo a credere nel bisogno di costruire per il bene comune. Ognuno deve farlo con ciò che possiede e la musica e la cultura sono il suono della nostra terra. Per poter sentire un suono bisogna essere in ascolto.

Auspico che il nuovo corso politico della nostra Regione possa mettere l’ascolto e il dialogo al primo posto».

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