Da qualche giorno il Palazzo di Città di Cagliari ospita le opere della più significativa interprete dell’arte sarda: Maria Lai.
Cagliari è una delle tre tappe, insieme a Nuoro e Ulassai, di “Ricucire il mondo”, grande retrospettiva che racconta a un anno dalla sua scomparsa una donna fuori dal comune, in grado di sfidare le convenzioni, di farsi largo in un mondo poco aperto all’universo femminile e soprattutto di approcciarsi all’arte con un sentimento ed un istinto tali da renderla famosa nel mondo e amatissima in terra sarda.
Nata a Ulassai nel 1919, da subito Maria manifesta grande propensione alla riflessione, alla meditazione e alla trasposizione in arte della natura e delle persone che popolano il suo mondo. Attratta dal viaggio come momento di crescita, dopo il diploma magistrale si trasferisce a Roma per frequentare il liceo artistico con suo docente Renato Marino Mazzacurati.
A Venezia durante gli anni della guerra frequenta l’Accademia di belle Arti con Arturo Martini. Nel 1945 si stabilisce a Cagliari dove ritrova l’amico Salvatore Cambosu che sempre la sostiene e incoraggia a seguire la sua strada, a sentirsi libera dai legami che non fossero quelli dell’affetto e della memoria ed è su questi binari che Maria Lai si concentra. Espone nelle gallerie opere concettuali disarmanti, sfrutta il potere evocativo della parola e della materia e conquista la critica. Alcuni suoi lavori sono presenti a Villa Borghese a Roma e Palazzo Grassi a Venezia, e ha esposto in diverse mostre in Europa e a New York. Nel 2006 ha inaugurato a Ulassai la “Stazione dell’Arte” che raccoglie circa 140 delle sue opere.
La mostra al Palazzo di Città, aperta fino a novembre, abbraccia la produzione artistica di Maria Lai tra gli anni Quaranta e gli anni Ottanta, dalle prime sculture in gesso e ceramica ai disegni realizzati con pochissime linee in grado di restituire tutto il carattere delle persone ritratte nelle loro quotidiane occupazioni. È in questi tratti così minimali che Maria Lai scopre l’essenza e definisce il suo concetto di arte, individuando nel linguaggio una vera e propria forma artistica da indagare e interpretare. Nascono così i lavori più celebri: le lavagne, le geografie, i libri cuciti in cui interviene inventando codici cifrati, parole segrete, visibili ma non dette, incomprensibili eppure potenti.
La mostra, curata da Anna Maria Montaldo, si avvale della consulenza artistica di Daniela Zedda, guru della fotografia in Sardegna, ed è impreziosita dall’installazione “Come piccole api operaie” di Claudia Losi e Antonio Marras, stilista amico di Maria Lai che dal suo esempio ha spesso tratto ispirazione per abiti apprezzati in tutto il mondo.
Il percorso espositivo si snoda agile grazie anche ai testi curati da Marzia Marino perfettamente in linea con il messaggio artistico: puntuali, precisi ed essenziali raccontano la vita di un artista a tutto tondo, celebre anche per performance assolutamente all’avanguardia come la famosa “Legarsi alla montagna” che ha coinvolto l’intero paese di Ulassai nel 1981. Specialmente con quest’opera Maria Lai è stata in grado di regalare un esempio al suo paese e a tutti i sardi: partendo da una leggenda locale che menziona un filo azzurro, l’artista ha deciso di legare con un tessuto lungo oltre 20 chilometri le case del paese fino alla montagna, in cerca di una tregua spirituale con la natura e per scongiurare frane e smottamenti. Gli abitanti hanno dovuto così confrontarsi con la loro realtà, affrontare i rapporti personali con i vicini, esporli e renderli manifesti, in qualche modo superarli evidenziando legami d’amore, odio e amicizia.
Ascoltando video, documentari e interviste nella sala video commuove scoprire la profonda umanità di Maria Lai, il suo appartenere al mondo, il suo guardare dentro e oltre le piccolezze umane. La complessità del suo linguaggio artistico, filtrata e resa semplice per tutti, è il frutto di questo regno interiore fatto di suoni e silenzi, solitudine e magia dove come un alchimista Maria Lai mescola gli ingredienti con sapienza ed eleganza. La sua recente scomparsa, il 16 aprile 2013, ha lasciato un grande vuoto colmato solo in parte dalla straordinaria e autentica bellezza della sua arte.
Giacomo Pisano