Sono passati ottant’anni esatti dai bombardamenti del 1943, in piena Seconda guerra mondiale, che non hanno risparmiato Cagliari. Anzi, dopo Napoli, è stata la città più bombardata in Italia. Chi se lo ricorda più tutto ciò? Si ispira a questi accadimenti la nuova mostra di Daniele Gregorini, “L’importante è che non sia il mio sangue”, che verrà inaugurata alla Galleria Siotto di Cagliari giovedì 23 febbraio alle 18:00 e resterà fruibile dalle 18 alle 20 fino a domenica 26 febbraio.
“Una mostra intensa – esordisce l’artista -, sono in tutto sei pezzi che offrono spunti per interrompere un ciclo di violenze che ancora pervade il mondo”. Un’idea che nasce dieci anni fa con l’interesse a esprimere un mondo che cambia e che oggi diventa una “reazione a catena”. Perché se è vero che le bombe non cadono più sotto il cielo azzurro di Cagliari, “là fuori ci sono paesi interi in guerra. Ed è curioso che noi stessi, anche come popolo, fomentiamo le guerre nel periodo del dopoguerra. Perché non abbiamo appreso la lezione? Eppure, se la violenza continua a pervadere il mondo, siamo proprio noi, esseri umani intelligenti, a poter cambiare il corso della storia, a dovere e potere empatizzare col prossimo”.
Nel testo introduttivo alla mostra, curato da Paola Corrias, si legge: “La memoria è corta, ma quella traccia in profondità resta, come un diktat all’azione. Il numero zero, grande assente, ha avviato il processo. Uno, due e tre sono momenti distinti che coincidono e il risultato è che tutti i soggetti sono al contempo dominati e incoscienti, dominanti e coscienti. Questa però è la volta in cui il numero 3 si opporrà con resistenza passiva alla violenza a cascata e cercherà di interrompere il percorso ad anello, cambiando potenzialmente il classico finale”. Perché il destino lo scrivono gli esseri umani, sempre e comunque, molto spesso col sangue degli altri.