Una realtà negata dalla storia ufficiale. Crimini d’odio, la pratica dello stupro correttivo come “cura” all’omosessualità e il problema della prevenzione all’Aids. Sono i temi forti da cui parte l’artista sudafricana Zanele Muholi, le cui fotografie sono in mostra, a cura di Emanuela Falqui e Stefano Fois, al Lazzaretto di Cagliari per tutto il mese di giugno (dal martedì alla domenica, orario: 09.00 – 13.00 / 16.00 – 20.00). Con approccio etnografico, Zanele Muholi, nata a Umlazi (Durban) nel 1972 e trasferitasi a Città del Capo, ritrae volti, corpi e relazioni d’amore immerse nella vita quotidiana, svela un nuovo e variegato vocabolario visivo, crea un vero e proprio archivio come luogo della memoria in cui riconoscersi.
È l’esigenza di esplicitare un’identità visiva riconoscibile omosessuale, nel quadro più ampio della formazione delle identità nel Sud Africa, che muove il lavoro di Zanele Muholi, attivista della comunità LGBTI, incentrato sulla creazione di una “Mappa” sulla storia visuale delle lesbiche nere in Sud Africa dopo l’apartheid. Rivendica la cittadinanza sessuale, la visibilità e la sicurezza nella sfera pubblica di donne, lesbiche e uomini transessuali che continuano a vivere ai margini della società sudafricana post-apartheid che porta ancora il peso di relazioni di potere inique basate su costruzioni gerarchiche in cui si intersecano privilegi eterosessuali e di razza, genere e classe. Attualmente, in Sudafrica non esiste una legislazione contro i crimini d’odio. Eppure le lesbiche nere vengono sottoposte a stupri da parte di gang, di vicini e talvolta addirittura degli stessi familiari. I dilaganti crimini d’odio vengono utilizzati per renderle invisibili, per evitare il coming out, per imporre un’eterosessualità obbligatoria.
Le serie di fotografie “Faces & Phases” e “Being”, in mostra a Cagliari, dà vita all’identità della comunità nera di lesbiche di diverse parti del mondo. Donne emarginate a livello sociale, culturale ed economico come luogo di resistenza, non solo per restituire lo sguardo dei colonizzatori, ma anche per sviluppare lo “sguardo critico” sui costrutti dei corpi e della sessualità delle donne nere. La mostra è accompagna dall’archivio sonoro “Ngizwile” – “Ho ascoltato”, creato da Zanele Muholi con i racconti di donne lesbiche che vivono nelle township, sulla loro esistenza e lotta.
Giulia Clarkson