L’archistar Boeri è in mostra a Ulassai: “Gli amati alberi, Maria Lai e Gramsci”

di Andrea Tramonte

L’installazione si compone di novantacinque cilindri di legno d’abete di cinque metri d’altezza e sei centimetri di diametro. Dialoga con i tacchi di Ulassai e “guarda” l’opera di Maria Lai presente alla Stazione dell’Arte, Il topo e la montagna, ispirata a una fiaba scritta da Antonio Gramsci per i figli durante il periodo della reclusione, nel 1931. Una triangolazione: lo sguardo dell’archistar Stefano Boeri e in particolare il suo amore fortissimo per gli alberi, il paesaggio ogliastrino, l’opera della jana. Il lavoro si intitola Radura degli abbracci ed è il momento centrale della mostra dell’architetto inaugurata ieri al museo di Ulassai. Si intitola Sii albero e racconta alcuni aspetti del lavoro di Boeri, una sintesi delle tematiche che da anni lo ossessionano. “L’idea è quella di rompere la separazione tra la sfera dei comportamenti umani e quella della natura vivente – ci racconta l’architetto prima dell’inaugurazione -. In generale lo abbiamo fatto in modi diversi. Forse l’esempio più noto è quello del Bosco verticale di Milano: lì la natura non è una decorazione. L’edificio è progettato veramente come una casa degli alberi, pensato per gli alberi oltre che per gli uccelli, e dove sono presenti anche degli umani. Abbiamo creato altri boschi verticali in tutto il mondo che nascono da uno studio delle diverse condizioni climatiche, delle specie botaniche del luogo e poi naturalmente degli spazi interni”. È un ripensamento radicale del rapporto tra uomo e natura. “Se c’è un’eredità che ci ha lasciato la pandemia – riflette Boeri – è che dobbiamo rivedere tutti i tentativi goffi, arroganti e spesso aggressivi per tenere il nostro corpo lontano dalla natura, per rendere le nostre case cittadine protette e separate dall’ambiente. Un microorganismo ha rimesso tutto in discussione e abbiamo capito che siamo parte della natura a tutti gli effetti”.

La mostra – curata dal direttore del museo, Davide Mariani, e in programma fino al 19 settembre – si compone di tre momenti. Nella nuova project room della Stazione dell’Arte, ribattezzata La casa delle janas, è presente un modello in scala 1:50 del celebre edificio di Boeri. “Uno spiazziamento – racconta Mariani -: dentro una piccola casetta minuta abbiamo sistemato un grattacielo. Che richiama il concept del bosco e della riscoperta delle radici, una visione di città sostenibile che è anche una sfida al cambiamento climatico e all’aumento progressivo della popolazione”. Poi ancora il video del cortometraggio Troiane, premiato al Venice architecture short film festival 2020. La pellicola, diretta da Stefano Santamato e prodotta da Paolo Soravia per Stefano Boeri Architetti, racconta, dal punto di vista degli alberi, il viaggio degli abeti divelti dalla Tempesta Vaia del Friuli e “rimessi in piedi” nella scenografia de Le Troiane di Euripide al teatro greco di Siracusa, seguendoli per oltre 1.500 chilometri. Una storia di resurrezione che trova affinità nel lavoro di Maria Lai, grazie al ciclo di opere realizzate alla fine degli anni Novanta e intitolate – proprio come la mostra – Sii albero. Infine la Radura, che in forme diverse ha fatto il giro del mondo e a Ulassai arriva in versione ripensata: come luogo intimo e allo stesso tempo permeabile, accompagnato dalla melodia del violoncello di Piero Salvadori, uno spazio ideato per “creare un abbraccio tra gli umani all’interno di un elemento leggero di protezione”. Un’idea di spazio pubblico e spazio collettivo dove è presente il rapporto con l’ambiente declinato in modi diversi: “Si è abbracciati dalla natura, ci si abbraccia nella natura o si abbraccia la natura”, spiega Boeri.

Il dialogo con l’artista ogliastrina è stato centrale nel pensare all’esposizione, nel delinearne il concept. “Una sfida da far tremare i polsi – racconta l’architetto -. Maria Lai è stata una delle grandi protagoniste non solo dell’arte ma della cultura del Novecento. Pensiamo anche solo a Legarsi alla montagna, che viene fatto qui quarant’anni fa con una visione anticipatrice formidabile. Forse l’elemento che lega il suo sforzo al nostro – che rimane nell’ambito dell’architettura: siamo costruttori di spazi, non di immaginari – è proprio questa reciprocità tra noi e gli alberi. Lei dice che gli alberi si radicano nella terra e tendono le braccia verso il cielo. Quest’idea di un rapporto con un luogo, un radicamento in un’identità e in una storia e allo stesso tempo il creare delle connessioni ci accomuna fortissimamente”. C’è un dialogo sottile anche con l’opera di Gramsci, mediata dalla bellissima installazione dell’artista ogliastrina collocata negli ampi spazi all’aperto della Stazione. Il riferimento è alla sua celebre fiaba, che racconta di un topolino che ruba il latte a un bambino. Per rimediare chiederà aiuto alla montagna e prometterà che una volta cresciuto dovrà ripiantare degli alberi – eccoli che tornano – per ridare vita a un ecosistema danneggiato dal disboscamento.

“Ho un forte legame col pensatore sardo – racconta Boeri -. Mia madre nel ’72 ha disegnato gli arredi del museo della Casa Gramsci di Ghilarza. Quella storia è ancora aperta. Siamo in concorso per il ridisegno del museo e in generale spero si conservi il lavoro fatto a suo tempo da Cini Boeri. Accompagnavo spesso mia madre a Ghilarza e ho avuto modo di conoscere anche la nipote di Gramsci”. Il legame di Boeri con la Sardegna affonda le radici nel passato. L’infanzia a La Maddalena e le estate trascorse nell’isola da quando aveva cinque anni hanno lasciato il segno. E infatti sono diversi i progetti dell’architetto ancora aperti. Uno su tutti è il Pergola Village a Orani, un progetto di arredo urbano immaginato da Costantino Nivola nel 1953 in un celebre articolo uscito su Interiors. Si tratta di un’opera d’arte ambientale intesa a rafforzare il senso di comunità dei cittadini unendo tutte le case del paese per mezzo di pergole di vite e intonaci bianchi. Il Comune ha deciso di dare corpo alla vecchia di Antine e ne ha affidato la realizzazione proprio all’architetto milanese e al suo studio. “Questo progetto ci mette a contatto con un altro grandissimo della cultura sarda, un gigante- dice -. Anche qui entriamo in punta di piedi perché in fondo si tratta di dar seguito a quello che lui ha immaginato senza pretendere di sostituirci a lui. In alcune parti stiamo cercando di fare quello che lui ha disegnato e in altri casi invece di reinterpretare un bellissimo lavoro”. In questo senso si può inserire anche un altro fondamentale cavallo di battaglia di Boeri e del suo impegno intellettuale: quello della riscoperta dei borghi. “Oggi abbiamo un’opportunità straordinaria, quella di pensare che migliaia di centri semi-abbandonati possano essere riabitati in modo nuovo. Non è una nostalgia verso il paese antico ma l’idea di poter vivere e lavorare oggi non necessariamente in una grande città, rimanendo comunque legati alla vita contemporanea. La Sardegna sarebbe un campo straordinario di sperimentazione perché queste reti di borghi sono legate a centri urbani al massimo da un’ora, un’ora e mezza di distanza. Perché sono paesaggi straordinari e offrono un rapporto con la natura che altrimenti non potremmo mai vivere. Possono diventare luoghi dove avere una vita di lavoro, di impegno, di slancio intellettuale e di creatività formidabile”.

 

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