Un seme che germoglia e diventa un albero. Un olivastro, per la precisione. Nel corso dei millenni ha visto tutto: testimone silenzioso di vita e morte, di amore e odio, di paura e speranza. Fino a quando le fiamme non hanno rischiato di divorare l’albero di Sa Tanca Manna a Cuglieri, di porre fine alla sua lunghissima esistenza: le immagini dell’incendio che nel 2021 ha devastato 28mila ettari di terra, ucciso migliaia di animali – soffocati o bruciati vivi – e poi quella del ‘patriarca’ che è diventata simbolo della devastazione dei roghi, col suo tronco e i suoi rami bruciati, hanno spezzato il cuore a tanti e creato una ferita traumatica all’interno delle comunità del Montiferru. Eppure l’albero è sopravvissuto e ha riniziato a germogliare, ribaltando quell’immagine di morte in un segno di resistenza e speranza per il futuro, un trionfo della vita nonostante tutto. La designer e art director cagliaritana Carolina Melis ha voluto dedicare un cortometraggio animato alla storia dell’ulivo e in filigrana a quella dell’Isola. Si intitola S’ozzastru ed è stato prodotto da Nical Films con il team di New animation in Sardinia, il supporto della Sardegna Film Commission e della Regione e il sostegno dell’Isre.
Il lavoro è stato selezionato al festival Alice nella città a Roma e ora inizia il suo percorso di diffusione e distribuzione. Le immagini animate – realizzate in collaborazione con Manuela Fiori e lo staff di Nas: Chiara Congeddu, Giulia Tolino, Leonardo Cordio, Luca Floris, Erica Meloni e Giulia Tolino – sono accompagnate dalla voce narrante di Claudia Aru (con le parole scritte da Elisa Guidelli) e dalla musica di Sebastiano Dessanay. “Ci sono progetti che senti più vicini di altri, e “S’ozzastru” è sicuramente uno di questi – racconta Carolina Melis -. Forse è la tematica affrontata – la Sardegna e gli incendi – forse la straordinaria squadra di talenti che ha lavorato a questo film, o forse è la musica dolce e potente, e le voce che lo accompagnano. Non saprei dire con certezza cosa sia, ma voglio molto bene a “S’ozzastru”. L’opera nasce quando la produttrice del film, Alessandra Usai, propose a Melis la regia del soggetto. “Leggendolo mi sono trovata di fronte a una storia che aveva tutte le caratteristiche per essere un film difficile se non impossibile. Raccontare la storia della Sardegna in 6 minuti… Ho detto di sì. Un minuto dopo mi sono ritrovata a disegnare un albero”.
Il film si apre con la rappresentazione della terra madre che accoglie un seme lanciato da un uccello in volo. Nasce un albero imponente: “Ho visto uomini passarmi accanto, conoscersi e riconoscersi, godere del fresco della mia ombra. Li ho visti scoprire il fuoco e inventare la ruota. Li ho visti creare armi, combattere gli uni contro gli altri, dividersi e allearsi. Li ho visti abbigliarsi di nuovi colori. Li ho visti creare forme e sogni sotto ai miei rami. Li ho visti appendere ghirlande attorno alle mie foglie, creare comunità e condividere il pane”, recita il testo. “L’albero osserva il mutare del tempo – racconta la designer -, la crescita e il declino della civiltà umana, trasformandosi lentamente in un simbolo di resistenza della natura e un testimone silente della storia. Spesso, sotto le sue fronde, scorrono le vite umane, inconsapevoli di quanto la loro esistenza dipenda dalla sua presenza”. Nel film c’è spazio anche per alcuni riferimenti alla storia dell’Isola: i bronzetti ed Eleonora d’Arborea e il periodo dei Giudicati: “Ho visto una speranza rinascere in punta di piuma, grazie a una mano ferma e dita delicate l’ho vista, al riparo dei miei rami, scrivere leggi per un mondo più equo, creare ordine e giustizia, fermarle sulla pergamena e far volare la speranza anche per coloro che l’avevano perduta. Ho visto cadere le mie foglie, passare le stagioni, e una lacrima rigare il bel volto di Eleonora, preludio a tempi oscuri”. Fino al riferimento alle fiamme che hanno rischiato di uccidere per sempre l’albero millenario, la sua storia silenziosa e la sua figura maestosa e rassicurante. “Ho sempre pensato che questa storia fosse più di un semplice racconto – dice Carolina -: è un’epica. Ho scelto di utilizzare un linguaggio poetico, fatto di suggestioni, quadri e sfumature cromatiche, per catturare la sua essenza e dare un tono unico e senza tempo”.