La pittura analitica di Carlo Battaglia: nelle sue opere i colori della Sardegna

Ci lasciava, 15 anni fa, Carlo Battaglia, artista originario dell’isola di La Maddalena, considerato tra i massimi esponenti italiani della pittura analitica. Nato nel 1933 furono gli anni d’infanzia, vissuti in Sardegna, a lasciare indelebili tracce nel suo immaginario. Durante gli studi in scenografia, condotti presso l’Accademia di Belle arti di Roma, frequentò le lezioni di Toti Scialoja, artista la cui attività professionale e di docente fu particolarmente rilevante (tra i suoi allievi Mario Ceroli, Pino Pascali e Jannis Kounellis). In questo contesto Battaglia si avvicinò alla pittura volgendo, in particolar modo, la sua attenzione agli artisti americani contemporanei: protagonista della sua tesi di laurea in storia dell’arte fu Jackson Pollock e, se pubblicata, sarebbe stato il primo scritto sull’artista americano apparso in Italia.

Dalla metà degli anni ’60 Battaglia iniziò ad esporre le proprie opere, dapprima in mostre collettive e, poco dopo, al Salone Annunciata di Milano avviato dal mercante d’arte e gallerista, Carlo Grossetti.
Particolarmente significativo fu il viaggio di sei mesi che fece a New York, nel 1967. In questo contesto, che all’epoca ambiva ad affermare una rinnovata identità artistica, in rottura con i movimenti gestuali ed informali che si affermarono sul finire degli anni ’50, convivevano personaggi chiave dell’arte contemporanea, da Andy Warhol, a Frank Stella, da Robert Rauschenberg a Mark Rothko. Fu proprio con quest’ultimo che Battaglia strinse un profondo legame di amicizia, insieme ad altri esponenti della pittura analitica americana, quali Ad Reinhardt e Robert Motherwell.

Risulta evidente che furono le ricerche analitiche, che insieme alla Pop Art veicolavano un cambiamento radicale del clima artistico, a suggerire a Battaglia la vera chiave della propria ricerca, che si identificò nell’ambiguità e nell’illusione del mondo visibile. Nascono così ‘Misterioso’, ‘Vertiginoso’, ‘Visionario’: opere che esaminano i rapporti di pieno e di vuoto tra i grattacieli ed il cielo, gli ingannevoli riflessi sulle pareti di cristallo degli edifici, raffigurando forme geometriche che delimitano ambiguamente lo spazio, servendosi di giochi prospettici. Nel 1970, Battaglia venne invitato, con una sala personale, alla Biennale di Venezia esponendo per la prima volta le Maree, tema che porterà avanti per tutta la vita.

Da questo momento parteciperà alle più importanti mostre, in Italia e in Europa, della Pittura Analitica, diventandone uno dei rappresentanti italiani di riferimento, nonostante le dichiarate le distanze che prese da alcuni precetti di questa corrente. Partendo da una riduzione dell’oggettualità in strutture elementari, da interventi segnici e cromatici, Battaglia contrappose alla strutturalità, impersonale ed anonima, una sensibilità sottile e personale ed un senso di sospensione relazionato ad un manifesto riferimento naturalistico, connotato di una universale affettività.

Nel 1980 venne nuovamente invitato alla Biennale di Venezia e, dopo essersi diviso tra Roma e New York, approdó definitivamente a La Maddalena ove poté dipingere in solitudine, osservando il mare dalla collina di Sualeddu. Avanzando nella propria ricerca la pittura di Battaglia divenne sempre più lirica, ispirata ai paesaggi marini e alla varietà di luce e di colore che essi ispirano, volta ad individuare una cifra originaria, quale struttura segreta del paesaggio. Dipingere è, per l’artista, uno dei possibili tentativi di cogliere qualcosa di inafferrabile, profondo ed illusorio.

Fu grazie alla moglie, Carla Panicali (collezionista, mercante e gallerista di fama internazionale) che l’opera di Battaglia venne organizzata e diffusa dopo la sua morte, avvenuta alla Maddalena il 17 gennaio 2005.

Cerco di dipingere l’aria tra oggetto e oggetto, isola e isola, primo piano e lontananze, in uno spazio sferico.Il mare, anamorfosi impazzita di una scacchiera. Fissare l’eterno negli elementi primari: terra, acqua, aria. Non un paesaggio particolare ma il luogo del paesaggio universale. Dei sentimenti, della passione, dell’attesa e del dramma non voglio parlare. Se sono stato capace di esprimerli sono contenuti nei quadri, quindi visibili a tutti”.

Gaia Dallera Ferrario
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