Jacopo Cullin: “Io, Gigi Riva e quello sfottò alla tifosa tedesca”. Intervista all’attore in scena a Cagliari con ‘È inutile a dire’

di Andrea Tramonte

Tre sold out a Cagliari – uno dopo l’altro – e anche la quarta serata ormai si dirige verso il tutto esaurito. “Pensavo che qualcuno sarebbe venuto a vedermi, certo, ma quando mai mi aspettavo una cosa del genere: la gratitudine è tanta”, dice Jacopo Cullin a proposito dello spettacolo “È inutile a dire”. Nonostante sia arrivato a una ventina di repliche solo in città – un record – lo show continua a macinare numeri importanti: appuntamento da oggi a lunedì con pochi biglietti disponibili solo per l’ultima data. L’attore cagliaritano è impegnato nelle prove dello spettacolo di stasera al Teatro Lirico ma si è ritagliato un momento per rispondere alle domande di Sardinia Post.

Sul palco porterà i suoi personaggi storici – da Salvatore Pilloni a Signor Tonino fino ad Angioletto Biddi ‘e Proccu – accompagnato da Gabriele Cossu, attore, amico, spalla (“e vittima”, precisa Cullin). Lo show è una riflessione sul modo in cui le relazioni interpersonali sono cambiate con l’avvento dei social network, tra società liquida e senso di sopraffazione dalle presunte possibilità “infinite” che ci troviamo davanti. Temi seri, serissimi, ma condotti con il tocco leggero di Cullin, la sua capacità di mischiare comicità popolare ed elaborazione più ironica e raffinata in un equilibrio ormai rodatissimo. Insomma: allo spettacolo si ride, e tanto. 

Come racconteresti lo show a chi ancora non lo conosce? 

È una fotografia dei nostri tempi, una analisi di come sono cambiate le relazioni con l’avvento dei social e di come siamo cambiati noi. Questa analisi sul palco la porto avanti con i miei personaggi storici, attraverso un filo conduttore che non sono io ma Gabriele Cossu: vittima dei miei personaggi. Sono degli escamotage per parlare dei cambiamenti profondi che abbiamo vissuto. 

I tuoi personaggi sono nati tanti anni fa. Cosa significa convivere con loro, crescere insieme, averli come punto di riferimento negli inevitabili cambiamenti nella tua vita?

È strano perché loro non invecchiano mai mentre io sì. Loro indossano sempre lo stesso pigiama con cui li avevo vestiti agli esordi. Pilloni rimane un giovane dei primi anni Duemila, cioè il periodo in cui ho presentato il personaggio le prime volte. Poi è chiaro che sono perennemente aggiornati perché nei miei spettacoli non sono mai uguali, pur nella loro riconoscibilità. Con loro poi cerco di mettere in difficoltà Gabriele e anche questo cambia sempre: è un modo per non ripeterci mai.

A proposito di Cossu, com’è nato il rapporto professionale, la chimica che portate sul palco?

Quando ho fatto il primo concorso per cabarettisti emergenti lui era presidente di giuria, o era nella giuria e basta, non ricordo. Dopo qualche anno mi ha confidato che in quell’occasione si era un po’ depresso perché aveva scoperto che Cagliari era piena di comici e lui – che è di Sant’Antioco – si chiedeva: ma dove voglio andare? Però ha fatto un gesto molto bello, come anche Massimiliano Medda dopo: mi ha coinvolto nel suo spettacolo quando avevo appena 22 anni. Per sdebitarmi di quella volta di venti anni fa me lo devo portare ancora dietro (ride Ndr). É nata una bella amicizia e ridiamo sempre insieme. 

Non è il solo attore più ‘anziano’ con cui hai stretto un rapporto importante in scena e nella vita: con Benito Urgu hai fatto due film. Quest’anno ha annunciato l’addio alle scene: cosa hai provato?

L’ho chiamato e gli ho detto: ma chi vuoi prendere in giro? Non le lascia le scene, non ce la fa. Vuole riposarsi e questo va benissimo. Quello che ha fatto rimarrà per sempre ma sono sicuro che ogni tanto qualche apparizione la farà. Insomma, non si comporterà come Mina… Ora sta salutando il pubblico in giro per la Sardegna e sta andando anche fuori, nei circoli sardi che vogliono rendergli omaggio. Secondo me lo rivedremo sulle scene anche in futuro: è il suo habitat naturale, è un animale da palcoscenico. 

Torniamo un attimo allo spettacolo. C’è un aspetto della tua riflessione sui cambiamenti nelle relazioni sociali che vorresti anticipare?

La possibilità di avere accesso e poter interagire con tantissime persone contemporaneamente, le tentazioni che ci possono essere e che sono spesso effimere. Una cosa che scopri cadendo in piccole trappole che rovinano rapporti ben più importanti. Detto così sembra una cosa serissima ma poi lo spettacolo è divertente. Cerco sempre di capire in che modo posso mandare un messaggio, anche importante, in maniera leggera. 

Ecco, uno spoiler su qualcosa di comico?

C’è un personaggio verso la fine, l’ultimo: è politicamente scorretto ma è sempre sul filo, in grado di parlare della Bibbia, delle guerre a Gaza e in Ucraina e farti ridere ma senza farti sentire in colpa, perché scherza in modo così innocente che riesce a non andare mai “oltre”. Per esempio, lui vede Zelensky che ogni tanto appare in tv vestito da caccia grossa e commenta che è da due anni che non tira fuori un cinghiale: lo vede come un cacciatore, non capisce la realtà e pretende comunque di analizzarla. Sono discorsi da bar dello sport: questo personaggio non ha capito niente. 

Quest’anno è venuto a mancare Gigi Riva. Anni fa avete lavorato insieme, un ricordo?

Era stata una cosa molto semplice, molto naturale. Inizialmente non voleva fare nulla non perché non gli interessasse ma perché non voleva apparire più dei suoi compagni di squadra. Mi diceva: chiedi a Tommasini. Che per carità è bravissimo, gli dicevo, ma se lo fa lei è diverso. Quel giorno eravamo insieme e si avvicina una signora: si presenta e gli fa, in italiano ma con accento tedesco: sono una signora della Bavaria, vorrei il suo autografo. Allora lui inizia a scrivere nel foglio: Città del Messico. E lei: no no sono della Bavaria. Lui sorride e le dice: aspetti… e continua a scrivere: Italia-Germania 4 a 3, con affetto Gigi Riva. Siamo esplosi a ridere e in quel momento si è lasciato andare. 

Com’è nata la tua vocazione comica? Quando hai capito che riuscivi a far ridere le persone e volevi continuare a farlo?

È una consapevolezza abbastanza recente nonostante tutti gli anni di spettacoli che ho alle spalle. Prima era una cosa naturale, un piacere spontaneo. Non è che mi dicessi: ah ecco faccio ridere. Mi piaceva far divertire amici e compagni di classe e i miei personaggi sono nati a scuola, quando avevo sedici anni. La mia prima insegnante di recitazione, Emanuela Cau, dopo che avevo vinto il primo concorso per cabarettisti, mi aveva detto una cosa che mi aveva un po’ infastidito: “Bravo, fai ridere, però mi aspetto che in futuro farai ridere con contenuti più seri”. All’inizio l’avevo presa male, ma dimmi tu se questa mi deve dire una cosa del genere. Ma invece è stata uno stimolo per crescere e non fare sempre le stesse cose.

Hai anche una carriera al cinema e in tv. In Sardegna sei praticamente l’attore ‘feticcio’ di Paolo Zucca: ci sei nei primi suoi due film.

Nel terzo no perché poi è arrivato Gassman… Ma tornerò nei prossimi. Vorrei ricordare anche l’esperienza di Esterno notte con Bellocchio. Ad oggi è “il” maestro vivente del cinema italiano e anche quando non dovevo girare stavo vicino a lui, per capire cose, anche solo per osmosi.

Invece in Rai hai interpretato la parte di Raffaele “Lello” Esposito, pugliese, tra i più fidati collaboratori del vicequestore ne Le indagini di Lolita Lobosco. La stagione si è conclusa da pochissimo. 

Ricordo che ho fatto il provino poco prima dell’arrivo del Covid e io partecipavo insieme a diversi attori pugliesi. Ho avuto la fortuna che il regista aveva visto proprio la settimana prima a Tokyo L’uomo che comprò la luna di Zucca. Mi ha riconosciuto e ha detto: voglio lui anche se non è pugliese. Mi sono messo a studiare con un coach e si è creata nella troupe una sorta di famiglia. Abbiamo girato durante il lockdown. Potevamo finire con l’ucciderci o poteva nascere una bellissima amicizia. Per fortuna è andata nel secondo verso. 

(Foto di Sara Montalbano)

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share