Innovazione in Italia, il libro di Dettori: “Cagliari è stata la capitale di internet”

di Andrea Tramonte

Cagliari è un ecosistema del digitale che affonda le sue radici in un passato glorioso. Una storia che ancora oggi suscita ammirazione e forse anche qualche rimpianto: se è vero che il primo internet provider europeo, Video On Line, è nato a Cagliari e c’è stato un momento in cui Tiscali era sulla bocca di tutti, è anche vero che a un certo punto questa corsa forsennata ha rallentato fin quasi a bloccarsi. Però è rimasto un ecosistema, si diceva: tutte le esperienze degli anni Novanta e dei primi anni Zero hanno lasciato un terreno fertile per l’innovazione digitale, competenze diffuse e figure che nell’ultimo decennio hanno animato start up, incubatori e iniziative all’Università di supporto alle imprese innovative. Rendendo Cagliari – e l’Isola in generale – un distretto importante, conosciuto e rispettato. “C’è stato un tempo in cui la Sardegna è stata la capitale europea del web e tutto era nato da un investimento pubblico con la creazione del Crs4 – racconta Gianluca Dettori, figura di primo piano dell’innovazione digitale in Italia -. È grazie a questo che il secondo giornale al mondo ad andare sul web è stato L’Unione Sarda e ci sono stati i successi di Video On Line e di Tiscali, che a un certo punto si quota e diventa leader europea”.

Dettori è venture capitalist, presidente di Primomiglio Sgr ed è stato tra i primi investitori di Sardex. Da poco ha pubblicato un libro insieme alla giornalista Debora Ferrero che si intitola “L’Italia nella rete. Ascesa, caduta e resurrezione della net economy” (Solferino) e ripercorre la storia dell’economia digitale in Italia: dai primi passi dell’informatica al ruolo importantissimo di Olivetti fino all’arrivo del web e allo scenario attuale. È una storia di intuizioni geniali, di successi ma anche di occasioni sprecate. Le ragioni sono strutturali: “La scarsa cultura informatica di base che è figlia di un basso livello di conoscenze scientifiche – scrive Dettori nel volume -; la limitatissima disponibilità di capitali investiti in questo campo e in generale un atteggiamento conservativo, che indirizza il collocamento di denaro in settori meno a rischio; la visione economica legata a settori manifatturieri tradizionali, che si poggia sulla rilevanza delle imprese familiari nel tessuto imprenditoriale italiano”, e così via. Ma anche se l’economia digitale in Italia è rimasta impigliata in queste maglie “non significa che non valga la pena raccontarne la storia”, dice l’imprenditore.

Un capitolo centrale del volume – che sarà presentato oggi all’interno del festival letterario Éntula, organizzato dall’associazione culturale Lìberos in streaming a partire dalle 19 su Facebook e YouTube – è dedicato a Cagliari, definita dall’autore “capitale italiana di internet”. Questa storia inizia negli anni Ottanta, quando l’allora Giunta regionale decise di investire risorse nella creazione di un polo “che potesse catalizzare l’industria della scienza e della conoscenza, un centro che mettesse insieme ricerca e tecnologia per creare opportunità di crescita nei settori immateriali”. Nasce così il Crs4 (Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna), con il supporto del Nobel Carlo Rubbia – direttore del Cern di Ginevra – e la direzione di Paolo Zanella con il supporto del ricercatore Pietro Zanarini. È stato proprio quest’ultimo, tra le  prime iniziative del centro, a pubblicare online il sito del Crs4 – uno dei primi siti in assoluto – e a proporre all’Unione Sarda di fare la versione in rete del quotidiano cagliaritano, ispirato da un esperimento analogo del Washington Post. L’allora editore Nicola Grauso, imprenditore visionario, “rimase folgorato”. Così decise di creare un gruppo di lavoro e creare Video On Line: “Servizio di accesso a internet con un portale di contenuti e servizi digitali oltre alla possibilità di navigare sul nascente web”. 

Alcune pubblicità del servizio erano profetiche. “Sogniamo il giorno in cui internet sarà un diritto come il pane”, “Per raggiungere ogni traguardo dovresti essere dappertutto. O su internet”. La sfida digitale in Italia partiva dalla periferia, da una città di piccole dimensioni di un’Isola del Mediterraneo. Una sfida geniale: non è un caso se riuscì ad attirare l’attenzione di Nicholas Negroponte, allora direttore del Mit, nel Massachusetts, che firmò con Grauso un contratto di ricerca finalizzata all’elaborazione di progetti innovativi. “Cagliari diventa improvvisamente uno dei punti di riferimento per lo sviluppo del digitale in Italia”, scrive Dettori. “Fino ad allora internet era visto come un oggetto “tecnico”, una rete di computer, un sistema di telecomunicazioni su protocollo Ip che consentiva di offrire servizi (…). Per Grauso era una radicale rivoluzione mediatica che avrebbe sconvolto ogni cosa. Uno strumento di libera espressione, foriero di grandi cambiamenti sociali e di grandi opportunità di business”. Ma allarghiamo lo sguardo: un giovane programmatore sardo, Luca Manunza, crea il primo servizio al mondo di webmail. Una radio cagliaritana, Radio X di Sergio Benoni, è la prima in Europa ad andare sul web. E un giovane imprenditore di Sanluri, Renato Soru – che lavorava a Vol con Grauso – qualche anno dopo fonderà una società chiamata Tiscali: e anche questa è storia nota. 

Cosa rimane oggi di quelle vicende? Tanto, in realtà. Dalle iniziative all’Università di Cagliari come il Crea, Centro servizi per l’innovazione e l’imprenditorialità a Net Value, incubatore di start up fondato dall’ex amministratore delegato di Tiscali, Mario Mariani. Imprese solide come Abinsula di Sassari – specializzati nell’automotive, tra le altre cose – e ulteriori progetti come Innois, la piattaforma per l’innovazione creata dalla Fondazione di Sardegna. Le straordinarie intuizioni degli anni Novanta hanno creato le condizioni per la vitalità odierna. Certo c’è meno “hype” rispetto a qualche anno fa ma il terreno è solido e può crescere. Con un valore che va oltre l’indotto economico creato. “Se i dati dell’industria digitale ne testimoniano l’importanza – scrive Dettori – in realtà il valore sottostante di questo settore è superiore rispetto al mero contributo al prodotto interno lordo o al contributo economico in termini di occupazione. Le ricadute indirette del digitale sono molteplici e per molti aspetti ancora più rilevanti, in quanto incidono sulla complessiva competitività del Paese, sul suo dinamismo economico e sulla capacità di essere resiliente al cambiamento e adattivo in un modo in cui l’accelerazione dell’innovazione tecnologica sta crescendo a ritmi rapidissimi”.

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