Il cinema al Carbonia film festival: lezioni con ‘How to film the world’

L’edizione 2019 del Carbonia Film Festival (che si chiude il 13 ottobre) si intitola “How to film the world” ovvero “Come filmare il mondo” e, analizzato il programma, non risulta essere solo uno slogan ma convegni, masterclass e proiezioni che hanno dimostrato quanto il cinema sia strettamente legato alla realtà contemporanea. Insomma, mostrare il mondo per immagini, magari anche crude e disturbanti, sembra essere un imperativo categorico per i registi e gli scrittori di cinema.

In questo senso, rientra anche l’esigenza, raccolta ampiamente dal Carbonia Film Festival, di formare spettatori consapevoli, capaci di divertirsi, ma pure di comprendere e di destruttrare le immagini che si muovono sul grande schermo. Ecco, perché il Festival si rivolge anche alle scuole con proiezioni e approfondimenti guidati. In tale contesto, è stato proiettato ‘Non può essere sempre estate’ di Sabrina Iannucci e Margherita Panizon, ambientato in un quartiere periferico di Napoli. Il film mostra alcuni adolescenti, provenienti da complesse realtà sociali, che frequentano un corso di teatro per mettere in scena la commedia di Eduardo De Filippo ‘De Pretore Vincenzo”. Tra crisi, successi e ripensamenti, diventeranno un solido collettivo e, mettendosi in scena, supereranno le loro barriere interiori.

Ancora un documentario, ma questa volta ambientato in Sardegna, è stato proiettato con successo la sera del 10 ottobre alla Fabbrica del Cinema, sede del Festival: ‘Ballata in minore’ di Giuseppe Casu. Nel film il regista racconta una Sardegna vista dalla prospettiva di una carovana di musicisti e artisti di strada provenienti da città e nazioni diverse. Non si tratta di un ‘road movie’, nonostante le prime scene siano ambientate a Narcao e le ultime nel nord Sardegna. Gli artisti, ognuno con la sua storia avventurosa o drammatica, sono alla ricerca di incontri umani, non solo di paesaggi incantati.

Liberi da qualsiasi legame economico e sociale, i saltimbanchi scoprono la Sardegna come mondo, allo stesso tempo, affascinante e complesso. Attraversano con il loro carrozzone panorami mozzafiato, ma anche luoghi compromessi dall’inquinamento industriale; incontrano ex emigranti sardi, ma anche nuovi migranti arrivati con sofferenza nell’isola; parlano con artisti, ma pure con chi ha scelto una vita semplice. Il documentario, inoltre, è attraversato da una voce fuori campo che recita brani tratti da ‘Passavamo sulla terra leggeri‘ di Sergio Atzeni, a ricordare, secondo le parole del regista, “l’eco del mito fondatore della Sardegna”.

Venerdì 11 il racconto della realtà contemporanea si è fatto ancor più scottante. Infatti, è stata presente alla manifestazione la regista siriana Soudade Kaadan col suo corto “Aziza” e il suo lungometraggio “The day I lost my shadow“, vincitore nel 2018 del Leone del Futuro al Festival di Venezia. La giovane autrice ha tenuto una interessante masterclass in cui ha raccontato le difficoltà di lavorare nel cinema in Siria, prima della guerra e durante il conflitto. La Kaadan attualmente vive a Beirut dove, però, la situazione dei profughi siriani è estremamente difficile. ‘Aziza‘, realizzato con un piccolo budget all’interno di un progetto sul cinema femminile finanziato anche dalla Comunità europea, mette in scena una coppia sposata di siriani, che, durante la guerra, hanno perduto tutto, tranne una vecchia automobile. Il loro dialoghi sembrano provenire da un copione di teatro dell’assurdo, in realtà, gli è solo rimasta la capacità di ricordare, di far rivivere situazioni e parole di un tempo di pace.

La regista ha sottolineato come per i siriani costretti a fuggire dal loro paese in guerra, sia fondamentale rievocare la perduta normalità quotidiana, gli affetti e i luoghi abbandonati per cercare di elaborare il lutto e non perdere le proprie radici. Saudade Kaadan ha anche sottolineato quanto il cinema riesca, nelle situazioni drammatiche e di conflitto, a trasformarsi da opera puramente personale, a punto di vista collettivo, di un intero popolo.

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