di Alessandra Piredda
“Devo essere sincero, pensavo che le persone ci avrebbero dimenticato nel giro di pochi anni. E che il nostro nome fosse più legato ai ricordi che al presente, invece i nostri fan sono sempre lì che aspettano”. A parlare è Alessandro Spedicati (Diablo), il frontman del gruppo musicale Sikitikis: l’eclettica band cagliaritana (il nome deriva dal dio hawaiano Tiki) che ha fatto ballare generazioni con un originale repertorio tra rock e melodie retrò, torna sul palco per festeggiare un compleanno importante, ovvero i 25 anni dalla nascita del gruppo. Vincitori nel 2016 di Musicultura, con il brano ’In giro per club’. hanno inciso cinque dischi, l’ultimo Abbiamo Perso è del 2015.
La réunion dei Sikitikis è una notizia che ha creato gioia e fermento tra i fan. Come mai avete deciso di tornare sul palco? Avete in programma una tournée?
C’è ancora nel pubblico un affetto che noi avevamo sottovalutato, così ci siamo chiesti se potesse essere il caso di fare una festa di compleanno per celebrare i 25 anni della band. Abbiamo avuto la conferma che questa cosa si poteva fare e da pochissimo siamo tornati in sala prove e ci stiamo preparando. Ci vediamo per provare una volta a settimana. Ci esibiremo questa estate ma ancora non possiamo svelare né luogo né data. Oggi pensiamo a salire sul palco e festeggiare con gli amici che ci aspettano, per il restò si vedrà. Quando si accende una scintilla di questo tipo non si può sapere dove arriverà l’incendio. Preferiamo ragionare un passo per volta. Magari prenderemo in considerazione di fare altre date per raggiungere il nostro pubblico in giro per la Sardegna. Ognuno di noi ha tanti impegni da onorare, per cui vedremo se questa è una strada percorribile.
Con l’ultimo disco ‘Abbiamo perso’ la formazione è cambiata. Chi resta della vecchia guardia? C’è spazio per un nuovo album?
L’idea di fare un disco oggi mi spaventa molto. Per fare bene le cose bisogna immergersi nella scrittura. Dovremmo abbandonare tutti quello che stiamo facendo, per dedicarci interamente al progetto e non so quanto questo sia attuabile oggi. È un grande impegno e sebbene io abbia scritto il 90% dei pezzi, il sound del disco nasce con i miei soci che sono sempre stati molto attenti a curare questa parte. Sarebbe complicato riprendere con i vecchi ritmi. Un pò è cambiata anche la band. Quando è nato il disco “Abbiamo perso” ha lavorato con noi anche il chitarrista Flavio Secchi che oggi è conosciuto come Ramprasad. Poi abbiamo iniziato una collaborazione meravigliosa con Samuele Dessì, chitarrista, polistrumentista e produttore con il quale abbiamo fatto tanti lavori extra Sikitikis. Lui è uno di quelli di cui non farei mai più a meno per fare musica. È la prima persona a cui penso per un nuovo progetto. Oltre alla sapienza artistica possiede la sapienza tecnica. A dire il vero questa alchimia c’è con tutti i componenti della vecchia guardia: Gimy (Gianmarco Diana) e Ziko (Enrico Trudu). E dal 2012 con Sergio Lasi (Lazy) che ha sostituito Daniele Sulis. Con Gimy il sodalizio dura da trent’anni, prima avevamo I cani da rapina. Musicalmente siamo cresciuti insieme e lui è sempre stato molto importante per me.
Da quanti anni fai musica? Non hai nostalgia di questo mondo?
Ho fatto il mio primo concerto nel 1989 e l’ultimo nel 2019, per cui sono trent’anni sul palco. Devo ammettere che mi manca questo mondo. Ma non le sue dinamiche perché è diventato superficiale. Un progetto musicale deve essere una cosa da sviluppare, deve avere una visione, come un film o come una casa da arredare o ristrutturare. Oggi le cose non stanno più così e forse sono cambiato anche io, non ho più trent’anni e ho un’altro modo di vivere le cose. Mi piace immergermi completamente in un progetto, non può essere un divertissement, anche perché il divertimento lo prendo molto sul serio. E poi oggi ci sono le Major, e questo è un dato di fatto. E anche le etichette indipendenti sono molto forti. Lo streaming ha rivoluzionato tutto: oggi comanda Spotify. È un potere che gli è stato conferito da chi ha il ruolo di progettare la musica. Un tempo si investiva in pubbliche relazioni con le radio. Oggi si investe sugli editor. La musica è un potere grande e va gestito con grande responsabilità. Il sistema ha distorto quel mondo, sporcandolo.
Hai visto il festival di Sanremo? C’è un artista del panorama attuale che ti incuriosisce?
Si, ho visto la serata delle cover perché sono stato coinvolto da Galleria Progetti nel loro programma in diretta. Ho ascoltato con attenzione anche Lucio Corsi, la rivelazione del Festival. È un fenomeno del quale sono contento. Trovo interessante il fatto che sia stato percepito come speciale, significa che è tornata di moda la semplicità. Di fronte alla estenuante ricerca di un mondo artefatto e una musica sempre più articolata ha trionfato una canzone semplice , scritta molto bene e col cuore. La musica è questo in fondo e spero che qualcuno si svegli e si chieda perché è successo (in mezzo a tante cose tutte uguali con 30 canzoni e 11 autori). Poi Corsi ha una preparazione musicale e questo fa la differenza e si sente, perché lo traspone bene in parole e musica. In questo periodo sto ascoltando Joan Thiele. Mi sono invaghito musicalmente di lei e devo ammettere che è il suo disco è molto bello. Lei è un’artista internazionale e allo stesso tempo si sente il background della musica degli anni ’60. Ci sono tanti elementi che mi incuriosiscono: anche i suoi testi sono intelligenti. Questo mi porta a considerarla come la mia artista italiana preferita.
Maurizio Carucci (Ex- Otago), Sting, sono andati a vivere in campagna come te. Come mai questa rivoluzione?
Quando hai fatto una full immersion di relazioni per 20 anni è logico che tu voglia alleggerirti, diventa un’esigenza e lo fai lasciando una realtà che forse non ti appartiene più. Oggi le persone sono più attente a ciò che vogliono vivere. Per ora è solo una nicchia ma questo desiderio di sostenibilità è sempre più diffuso. Lo scopo è quello di una convivenza più equilibrata e umana.