Graziano Salerno, “artista smarrito”: il talento del pittore nuorese in una mostra a Cagliari curata da Cristiana Collu

di Andrea Tramonte

“G. esplora il mondo con stupore e lo genera con meraviglia, qualsiasi sia la direzione guarda solo avanti, ma si distrae, è un flâneur, è un artista errante, sbaglia, inciampa e si smarrisce”, scrive Cristiana Collu, storica dell’arte cagliaritana, curatrice e attuale direttrice della fondazione Querini Stampalia a Venezia. G. è Graziano Salerno, artista nato a Nuoro nel 1954 e oggi protagonista di una mostra che celebra il suo percorso unico, il lavoro di un outsider vero che nel corso dei decenni ha lasciato numerosissime tracce della sua opera e ha esplorato la sua libertà creativa senza compromessi – anche a costo di dissipare parte della sua vita e del suo potenziale. Uno di quegli “artisti smarriti – così ancora Collu – che avrebbero potuto rivaleggiare con i più grandi artisti nella storia dell’arte italiana e internazionale”.

L’esposizione si intitola Graziano Salerno. Senza poesia in nessun caso e inaugura giovedì 19 alle 18 a Cagliari alla Fondazione di Sardegna nell’ambito della piattaforma Ar/S – Arte condivisa. La mostra è curata da Collu – che è anche ex direttrice del Man di Nuoro, del Mart di Rovereto e della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea a Roma – e rappresenta un omaggio al talento multiforme dell’artista nuorese, capace di intrecciare pittura, disegno e poesia in un linguaggio irripetibile, riconoscibilissimo. “Immaginifico, metafisico e surreale”, Salerno è una figura che incarna non tanto l’archetipo dell’artista maledetto quanto “il lato più selvaggio e fauve”, scrive la critica d’arte nell’introduzione al catalogo (pubblicato da Treccani). 

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Il percorso artistico di Salerno inizia molto presto. Dopo i primi passi a Nuoro, dove dipinge accanto a figure come Pinese, si trasferisce a Bologna. Lì studia con Concetto Pozzati e si diploma nel 1981. Da quel momento parte per un viaggio – fisico e intellettuale a un tempo – che lo porta a Londra, Parigi e Friburgo, prima di tornare a Nuoro, sua casa e costante punto di riferimento. Salerno si rivela fin da subito un artista totale, onnivoro e curioso, che legge e declama poesie in francese e ama profondamente la dimensione lirica dell’arte. La sua pratica è definita da Collu un’ars combinatoria che unisce pittura, disegno, fotografia e parola, una sintassi artistica che si articola in narrazioni poetiche e oniriche.

L’esposizione presenta circa duecento opere della seconda metà degli anni ’80, tra acquerelli, disegni e il libro Storia del cortile infinito. La mostra è stata resa possibile grazie alla collaborazione di Dante Crobu, collezionista privato che, insieme a un piccolo gruppo di estimatori, ha riconosciuto il valore di Salerno e ha contribuito a preservarne l’eredità artistica. 

Le opere di Salerno sono dense di riferimenti e citazioni, ma riescono a esprimere emozioni profonde. Tra i lavori più famosi c’è la serie dei Fanciulli, “la più asciutta e meno narrativa”, scrive Collu, con i suoi soggetti sospesi e l’atmosfera malinconica, cupa. I suoi acquerelli e disegni, spesso più intimi e delicati, esplorano un universo introspettivo, popolato di figure chimeriche e percorsi che si biforcano, dove il rischio di smarrirsi è sempre presente. Sono opere che, come sottolinea la curatrice, compongono “un progetto artistico continuo e coeso”, una narrazione visiva che riflette l’anima dell’artista.

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