Fotografi sulla rotta Cagliari-Berlino: “Facciamo entrare l’Isola nel mondo”

L’idea del ritorno a casa ronzava in testa da alcuni anni, come un richiamo fortissimo che però è rimasto a lungo sospeso senza trasformarsi in una decisione definitiva. “Quando vivi fuori inizi a guardare all’Isola con occhi diversi”, raccontano Lucio Aru e Franco Erre, due fotografi che hanno lasciato la Sardegna anni fa e che a lungo hanno vissuto a Berlino. Il primo è un 32enne di Porto Torres, il secondo un sassarese di 40 anni. L’anno scorso i due hanno deciso di trasferirsi a Cagliari, rendendo l’Isola non solo la loro casa ma anche la base del loro lavoro. Sardegna come piattaforma per creare progetti a cavallo tra fotografia e moda, spiegano, valorizzandone gli scenari straordinari. Così è nata Narente, un visual project che ha l’obiettivo di raccontare l’Isola in modo personale, individuando storie da tradurre in un linguaggio comprensibile anche al di fuori dei confini del territorio.

“L’idea di tornare c’era da tanti anni – raccontano Lucio e Franco -. Entrambi eravamo ben posizionati da un punto di vista lavorativo quindi era difficile prendere e andar via così, dall’oggi al domani. Non era mai il momento giusto ma poi ci siamo resi conto che non lo sarebbe mai stato se non avessimo preso una decisione. È stato un ragionamento lungo, un flusso che ad un certo punto stava per arrivare al dunque. Ma volevamo creare qualcosa nell’Isola mettendo a frutto le nostre competenze e dimostrando che è possibile fare le cose qui”. La svolta è arrivata con Beltimentas, un progetto promosso l’anno scorso dalla Compagnia B di Cagliari e realizzato in collaborazione con la Film Commission. L’idea era quella di proporre un nuovo punto di vista sul patrimonio dell’abbigliamento e del costume sardo, attraverso uno sguardo diverso e una serie di contaminazioni in grado di traghettare la tradizione in contesti internazionali. Insomma: pezzi iconici della storia tessile sarda insieme a lavori di designer dal gusto contemporaneo.

Franco e Lucio sono stati coinvolti per seguire tutto l’aspetto fotografico del progetto, con la curatela di Micaela Deiana. “Da anni avremmo voluto esplorare il mondo del costume sardo, che in genere è rappresentato in modo classico e un po’ autoreferenziale”, spiegano. I due hanno seguito i casting e cercato di mettere insieme dei volti che in genere non si vedono associati agli abiti tradizionali, con l’obiettivo dichiarato di confondere un po’ le acque e sparigliare. “Abbiamo usato visi in grado di raccontare storie diverse, come quello di una ragazza mezzo sarda e mezzo nigeriana. Abbiamo coinvolto anche un giovane tedesco, una distinta signora di 65 anni, un ragazzino di 11 anni, una ragazza transgender. Volevamo uscire fuori dall’iconografia classica della donna di paese, che pure a noi piace perché evoca immagini con cui siamo cresciuti. Ma l’idea era quella di arrivare anche ad altri, veicolare queste immagini – e con esse il tessile sardo – a livello internazionale”.

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Una serie di scatti del progetto Beltimentas

Anche le scelte nello styling sono andate al di là della tradizione, mescolando stili e riferimenti in modo creativo e libero. “Abbiamo fatto un mix – spiegano i due artisti – anche stravolgendo le indicazioni di chi ci diceva: questi pezzi vanno usati così. Una signora di 80 anni di Nuoro ha visto che usavamo degli indumenti femminili negli outfit maschili ed è rimasta un po’ perplessa. Noi la rassicuravamo dicendo che sarebbe venuta fuori una bella immagine. Lei è stata molto carina e ci ha risposto in modo tranquillissimo: l’importante è che piaccia a voi”. I pezzi usati sono numerosi: lo zippone di Orgosolo, la pala a supra, il bustino in broccato decorato a fiori (su cossu), grembiuli ricamati, giacconi e gilet di orbace, gonnellini maschili, scialle, e poi giacche e pantaloni di velluto, su bonette, la bertula, berrittas, bisacce, cosinzos, una serie di gioielli di diverse forme e fatture. “Tutto è stato miscelato con capi di archivio di designer attuali, per creare dei look che magari non sono del tutto “mettibili”, ma quantomeno fruibili da chiunque. Per esempio, abbiamo usato un gilet di orbace con anfibi e pantaloni vintage da body builder acquistati a Berlino. Abbiamo cercato di far entrare la Sardegna nel mondo, insomma”. Un altro outfit comprende una gonna plissettata e una giacca del costume da donna di Settimo San Pietro con una t-shirt stampata di un designer sardo e dei gioielli handmade contemporanei. E ancora un camicione da uomo tradizionale indossato da una donna e accostati a pantaloni in tinta crema di un brand italiano e una cintura dorata anni Ottanta.

Lucio Aru e Franco Erre

Attraverso Beltimentas i due fotografi hanno iniziato a prendere coscienza di quello che avrebbe potuto rappresentare un effettivo ritorno a casa. E il successo dell’iniziativa è stato un incentivo. Lucio e Franco ora individuano luoghi nell’Isola per servizi di moda legati a brand italiani internazionali, sfruttando gli scenari che la Sardegna è in grado di offrire. “Ci sono stagni di sale, miniere, aree industriali fantastiche. Mare e montagna. I popoli nordici in genere vanno a produrre servizi fotografici in paesi caldi. Magari a Città del Capo nei mesi invernali. Non conoscono le potenzialità di questa terra. La nostra idea è quella di fare da tramite con le agenzie nazionali per produrre foto qui. Grazie al lavoro della Film Commission diverse pellicole iniziano a essere girate in Sardegna. Noi cerchiamo di fare qualcosa di analogo per la fotografia di moda. Abbiamo già ricevuto risposte positive ed è un bene che stia succedendo. Presto usciranno degli shooting per marchi di moda realizzati a Bosa e al Museo Nivola e altri servizi per magazine tedeschi e brand italiani”.

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Alcune foto del lavoro con Narente

Il nuovo progetto della coppia si intitola Boys of Sardinia ed è uscito in collaborazione con I-D di Vice. Si tratta di una serie di ritratti di giovani: una collezione di foto che intendono raccontare la forza visiva di quei ragazzi, il loro essere insieme sardi ed esponenti di una generazione contemporanea universalmente riconoscibile. Ci sono le loro storie: chi da Cabras andrà a Milano per iniziare la carriera da modello, chi invece deve fare un’ora di macchina per arrivare a scuola. Chi sta già lavorando a una prima collezione di streetwear ad appena diciotto anni e chi parla già tre lingue. Chi ama la tradizione e chi non vede l’ora di andarsene. E chi invece sa che lascerà l’Isola per poi tornare. “Il tema dell’andar via, esplorare, mischiarsi e poi fare ritorno è saltato fuori in modo molto naturale – raccontano Lucio e Franco -. Quando chiedevamo ai ragazzi: dove vi vedete tra dieci anni? La maggior parte di loro diceva di avere voglia di partire e poi di voler tornare”. I due artisti hanno girato paesi e città dell’Isola – Alghero, Villanovaforru, Cabras, Pula, Cagliari, Porto Torres – per cercare i volti che potessero rappresentare questa generazione. Per il progetto hanno unito tutto quello che fanno abitualmente per lavoro: scouting di modelli, styling e naturalmente la fotografia. “Partiamo dalla fotografia di moda ma siamo molto legati alla ritrattistica e strizziamo l’occhio al cinema. Per Boys abbiamo scelto uno stile da reportage: non abbiamo voluto costruire l’immagine in modo forte, con una produzione in studio. Abbiamo fatto tutto in esterna: volevamo ritrarre loro e la loro vera identità, senza esaltarla o modificarla”.

Andrea Tramonte

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Boys of Sardinia

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