Dori Ghezzi celebra Fabrizio De André a 85 anni dalla nascita. Il ricordo del sequestro: “I rapitori gli avevano detto che preferivano Guccini”

Una vita in direzione ostinata e contraria quella del ‘poeta degli sconfitti’. Nato a Genova il 18 febbraio del 1940, avrebbe compiuto oggi 85 anni Fabrizio De André, uno dei più grandi cantautori della storia della musica italiana: a ventisei anni dalla sua scomparsa, l’Italia ricorda ancora una volta ‘Faber‘, come lo ribattezzò il suo amico Paolo Villaggio, con un evento nella più prestigiosa sala della Camera dei deputati, quella della Regina. Istituzioni e autorità, insieme a colleghi e amici e al suo grande amore, Dori Ghezzi: tutti presenti in occasione di ‘…Ma tu rimani. Buon compleanno, Faber’, organizzato da Bruno Sconocchia, presidente di Assoconcerti e manager di De André – e, tra i tanti altri, di Lucio Dalla – e dal presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone. Dopo i saluti formali, sul palco, insieme a Dori, anche Gino Castaldo, insieme a Paolo Fresu e Paola Turci, che a Faber hanno dedicato la sua ‘Inverno’.

“Fabrizio era molto simpatico, ma anche lui aveva i suoi 5 minuti…”, ha raccontato Dori Ghezzi, che rispondendo alle domande dei ragazzi dei licei romani, presenti all’evento, è tornata sull’episodio del sequestro della coppia in Sardegna: “Quel periodo per noi ha dato valore al concetto di libertà, a volte la abbiamo e non ce ne rendiamo conto. Quando ti capita una cosa del genere piu vivi in modo diverso, questo è stato l’insegnamento del rapimento”. Un aneddoto particolare riguarda “il rapporto che si era instaurato tra noi e i rapitori. Uno di loro disse a Fabrizio che preferiva Guccini, e lui rispose: perché allora non avete rapito lui?”. E poi, un passaggio sulle canzoni di Faber: “Lui non ha mai voluto cantare se stesso, tranne ‘Hotel Supramonte‘ che racconta quello che ci è accaduto. Dei suoi affetti non ne parlava mai, se non degli amori passati, ma mai di quello che stava vivendo. Ma, forse, non ho mai nemmeno voluto scoprirlo neanch’io…”.

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