Cristicchi con il suo ‘Franciscus’ incanta il Teatro Massimo di Cagliari

di Alessandra Piredda

“Lo odio perché io non ho la sua fede incrollabile, lo amo perché fraternizza con tutto, persino con la morte”. Così Simone Cristicchi durante lo spettacolo “Franciscus, il folle che parlava agli uccelli” (in scena dall’11 al 15 dicembre) al Teatro Massimo di Cagliari.

L’artista romano ieri ha dato prova di grande abilità di attore e regista per il musical scritto insieme a Simona Orlando. Canzoni inedite e musiche suggestive, composte con Amara, si alternano a monologhi fatti di riflessioni profonde e attualissime che descrivono un uomo del ‘futuro’ vissuto nel Medioevo. È un messaggio universale quello di Francesco Cruciale il personaggio di Cencio grottesco e surreale, (che Cristicchi interpreta con veloci cambi d’abito senza uscire di scena e una lingua inventata originalissima) lo ’stracciarolo’ di Assisi è contemporaneo del santo. Il cenciaiolo non comprende la scelta di Francesco e lo sbeffeggia, convinto che la sua decisione di abbracciare la povertà sia un vero capriccio da ricchi.

Che l’agire di Francesco fosse il capriccio di un matto e che tutto il movimento che crea intorno a sé sia solo un grande equivoco? Se lo domanda Cencio, che incarna tutti i detrattori del santo e serve a porre domande scomode, presentando al pubblico un Francesco più realistico, lontano dalle varie agiografie che hanno idealizzato e disegnato talvolta in maniera contraddittoria il frate umbro.

Cristicchi crede esista un filo rosso che accomuna le religioni (una sorta di ecumenismo). Durante lo spettacolo parla di Rumi, grande poeta e mistico dell’Islam, contemporaneo del frate di Assisi, è chiamato il ‘San Francesco sufi’ per le poesie dedicate al creato. Il monologo insiste sulle assonanze perfette con l’Islam e il sufismo, a partire dalla parola ‘suf’ la lana della tonaca indossata dai sufi e dai francescani, fino ad arrivare al saluto ‘salam aleikum’, la pace sia con voi, come se sufismo e francescanesimo avessero una comune radice.

Raccontare la biografia di San Francesco significa proporre una riflessione sui grandi temi attuali che riguardano la pace. Lo stesso Francesco, durante le crociate in Terra Santa si era recato, disarmato, dal sultano d’Egitto Malek al Kamel, per parlare di pace (inevitabile pensare agli orrori della Palestina di oggi). Torna dall’Oriente malato e inizia a dettare la prima poesia in volgare (Canticum o Laudes Creaturarum, 1224) nota anche come Cantico di Frate Sole. È il testo poetico più antico della letteratura Italiana. Parla della materia senza contrapporla allo spirito, per celebrare la natura quale specchio del divino.

“Distruggere la natura significherebbe distruggere noi stessi. Siamo in piena epidemia di solitudine, oggi i medici ci prescrivono insieme alle medicine relazioni umane”. Rivolgendosi al pubblico del Massimo l’attore domanda sul finale: “Che senso può avere parlare di Francesco D’Assisi oggi? Ha senso perché una storia vive finche vive l’idea”.

E in questa sintonia con l’universo il frate coinvolge anche gli animali a cui parla instaurando un dialogo. Alla fine anche Cencio si renderà conto della potenza del messaggio francescano e deciderà di seguirlo dichiarando : “Cencio vuole unicamente e unitamente con sto popolo novo caminare”.

Cristicchi sembra gettare i semi di questo suo percorso spirituale e amore per Francesco d’Assisi qualche anno prima (2020) con la canzone ‘Lo chiederemo agli alberi’ quando canta: “Se la ricchezza è vivere con due briciole o poco più lo chiederemo agli alberi“. Lunghi applausi hanno salutato il successo dello spettacolo.

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