Cristiano De Andrè a Cagliari: “In un mondo complicato dove c’è Elon Musk, cerco Gesù. Credeva anche mio padre”

di Alessandra Piredda

“Un sardo nato a Genova”, dice di se stesso il cantautore Cristiano De Andrè. “Ho lasciato casa a 19 anni, dalla Sardegna invece non me ne sono mai andato”, racconta il musicista, figlio di Fabrizio, che in questi giorni torna a Cagliari per una occasione speciale: sarà sul palco insieme ad Alfredo Franchini, ex giornalista de La Nuova Sardegna, per presentare il libro  “Dio è gratis. Il prossimo costa. Il Vangelo di De Andrè e Pasolini“, edizioni Arcana. L’appuntamento è sabato alle 17:30 al T Hotel e a moderare l’incontro sarà il giornalista Franco Siddi. 

Nel 2019 esce il libro di Franchini “Questi i sogni che non fanno svegliare. Storia di un impiegato. L’opera rock di Cristiano De Andrè.’ Questo libro è un omaggio anche al suo lavoro. Mentre Storia di un impiegato è un concept album più che mai attuale. Il disco forse più politico di suo padre. Perché la scelta di rimaneggiare questi pezzi? 

Io ho voluto riprendere il lavoro di mio padre perché quell’album è molto attuale. Era un suo desiderio. Aveva ascoltato alcuni suoi brani, ripresi da me e se le cose non fossero andate come sappiamo questi quattro album li avremmo riarrangiati insieme. Tornando a Storia di un impiegato invece ritengo sia più attuale che mai. Ci sono schiavi e ci sono padroni, oggi come ieri. Viviamo un momento storico sempre più complicato e autoritario. Non mi riferisco solo all’Italia ma a tutto il mondo, per esempio  all’America di Elon Musk. Vedo i miei colleghi, come Piero Pelù che non ci stanno e lasciano i social per mandare un segnale forte. Ben venga il libro di Franchini che cerca di riportare le persone a una riflessione. Esiste una spiritualità che non ha religioni. È un libro rivolto anche ai cristiani: come possono restare silenti davanti a tuto quello che sta succedendo nel mondo? Cristo si è fatto umano, e leggendo il Vangelo credo si possa diventare persone migliori. Mio padre era una persona spirituale, affezionata alla figura di Gesù. Credeva negli altri, nonostante cantasse la pace e le guerre non siano cessate mai. 

Nel 2002 il suo album Scaramante ha vinto il premio Lunezia per il suo valore musicale e letterario. È di questo stesso album la traccia ‘Sapevo il credo’. Crede esista un Dio?

Sì ci credo. Lo voglio spogliare un po’ di quelle che sono le investiture della Chiesa. Con il brano ‘sapevo il credo’ ho ripreso un vecchio canto delle mondine e l’ho fatto mio perché mi piaceva e in qualche maniera mi rappresentava. 

Lei è un abile polistrumentista. Perché ha chiesto proprio a un liutaio di Sassari (Stefano Mura in arte Alchimede) di fare un set up dei tuoi strumenti?

Perché vivo in Sardegna e perché me lo ha consigliato il mio amico Paolo Fresu. Stefano è davvero geniale. Riesce a mettere nel suo mestiere quel quid in più. Lo reputo un vero artista.

A dicembre sono 62 anni. Sono lontani i ‘Tempi duri’. Si sente al giro di boa?

Forse… (ride). Avrei voluto avere qualche anno in di meno! Tempi duri era la mia band. All’epoca avevo 19 anni. Un bell’inizio quello. Partire da solo sarebbe stata una vera follia. 

Gli estimatori della musica del Faber ritengono lei abbia fatto un ottimo lavoro con vecchie canzoni e nuovi arrangiamenti. Questo è servito a svecchiare un po’ certi pezzi e prenderli più attuali. Forse più suoi? Nella musica di suo padre c’è anche la sua storia e identità di musicista. Quanto si sente rappresentato?

Moltissimo. Se penso a ciò che avrei potuto fare oggi, sicuramente essere meno pigro. Sono 8 gli album interamente miei. Ho sempre avuto un filtro, perché sentivo il peso di mio padre. Ma lui era un mio fan. Aveva la capacità di andare così in alto che avevo paura del paragone. 

David Byrne dei Talking Heads considera ‘Creuza de mä’ tra i 10 principali dischi degli anni ’80. Nessuno come Faber ha cantato il Mar Mediterraneo come in quell’album, totalmente in genovese. Lei hai partecipato alla tournée con suo padre. Cosa ha significato per lui? E cosa per lei ? 

Creuza de Ma é il canto del Mediterraneo. Ci rappresenta tutti. È un disco che ci permette di scoprire le nostre storie, con sonorità e dialetti che appartengono alla nostra cultura. È il disco di ogni popolo che affonda le sue radici in questo mare e nelle sue tradizioni. 

Sabato 16 novembre presenterà il libro insieme a Franchini a Cagliari. Lo ha letto?

Si, ma voglio approfondire con Alfredo che per me è un caro amico. E non vedo l’ora di abbracciarlo. Sono molto felice che questo avvenga in Sardegna. 

Lei è come Gigi Riva, un sardo nato a Genova

Si, è così.  Sono nato a Genova ma a 19 anni sono andato via. E conosco la Sardegna perché la frequento da quando ero bambino. E da qui non me ne sono mai andato. La Sardegna racchiude tutto il bello del mondo. I suoi profumi, il mare, la vegetazione dell’interno, le sue querce e i boschi incantevoli. Dal Grand Canyon alla foresta amazzonica. Qui c’è tutto. Ho venduto la mai casa a Milano, perché non è una città che mi appartiene oggi. Non è la città che ho conosciuto negli anni ’80. Preferisco la Sardegna e la sua magia. 

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