Sono passati quasi 50 anni dalla morte di Emilio Lussu, storico, saggista e militare oltre che autore del celebre romanzo (per il critico letterario Asor Rosa uno dei cento libri più importanti della letteratura Italiana del ‘900) Un anno sull’Altipiano; marito di Joyce Lussu, antifascista, ha lasciato in dote una grande eredità al piccolo centro di Armungia. Il paese è una realtà di poche centinaia di abitanti, luogo della memoria storica della sinistra del ‘900 e occupa i territori aspri del Sarrabus-Gerrei (Sardegna sud orientale).
“Mio nonno – racconta Tommaso Lussu – è cresciuto in quella che oggi è diventata l’associazione Casa Lussu’. Io e la mia compagna Barbara Cardia abbiamo investito tanto su un progetto che non aveva un masterplan. Io sono arrivato tanti anni fa ad Armungia per il restauro del nuraghe e da qui è maturata la consapevolezza che il patrimonio immateriale di piccole comunità come questa è in serio pericolo”. Tommaso, nato e cresciuto a Roma dove si è laureato in archeologia decide di investire sul territorio dei suoi avi. La tessitura manuale è stata il punto di partenza. Le competenze di Giovanna Serri sono state fondamentali: è stata proprio lei, la nonna di Barbara a spiegare ad entrambi il proprio metodo fatto di schemi e conteggi eseguiti sulle dita di una mano. Questo progetto ha aperto delle delle questioni sull’opportunità di tramandare un sapere antico che avrebbe visto la fine se queste tecniche non fossero state acquisite”.
Barbara e Tommaso sono diventati eredi di una tradizione (tessitura a licci o litttos, o litzos) che era un tempo una fonte di guadagno di ogni famiglia sarda; hanno restaurato un vecchio telaio in leccio e hanno appreso tecniche che oggi sono in grado di trasmettere grazie ai laboratori situato all’interno del museo etnografico. L’acquisto di un più moderno telaio finlandese ha significato aprirsi ai nuovi metodi di insegnamento, semplificato e alla portata di tutti. Nel tempo è cresciuta la consapevolezza del fatto che lo spopolamento del territorio dipende anche dall’isolamento. L’Italia é il Paese dei paesi: realtà piccole come Armungia, che soffrono la subalternità alla città. E se le difficoltà esistono urge fare sistema, prima i tutto con le realtà vicine; diventa un’opportunità per confessarsi reciprocamente dubbi, frustrazioni e criticità, tra cui la mancanza di una vera formazione (nel ramo tessile) possibile solo oralmente.
E se l’ente Isola (istituto sardo organizzazione lavoro artigianale), promosso dalla Regione Sardegna dagli anni ’50 ha dato abbrivio a un percorso che si è rivelato una forma di assistenzialismo, ha mancato l’obbiettivo di formare nuove generazioni di tecnici del tessuto e artigiani. L’ente è stato soppresso dal Consiglio regionale sardo nel 2006 e con lui l’artigianato è morto. O meglio è scomparsa l’idea di una prospettiva, e il tessile è un comparto che ne ha risentito parecchio. Non esistono ad oggi dei manuali che spieghino l’arte della tessitura nei suoi passaggi più tecnici. Questo è stato messo in evidenza anche dalla giovane studiosa Adelasia Tedde con la tesi di laurea in Norvegia ‘Veving a Briali’. Per imparare l’arte della tessitura ha coinvolto Tommaso e Barbara, eredi indiscussi di un metodo antico come quello appreso da Giovanna Serri. La Tedde ha evidenziato come in Norvegia sia possibile riprodurre un manufatto partendo da un manuale di istruzioni. I manufatti hanno tutti un corredo di istruzioni e rimandi tecnici mentre in Sardegna questo approccio non esiste. Dovremmo fare tesoro delle buone pratiche norvegesi poiché questo sapere in Sardegna è trasmesso soltanto oralmente e questo è un pericoloso crinale. Questo pensiero è fortemente condiviso anche da Tommaso che racconta di aver impiegato anni per comprendere a pieno un’arte fatta di gesti, tanta manualità e codici propri di chi sa fare perché ha vissuto con fuso, telai e ordito tra le mani.
Ma oggi ad Armungia è possibile imparare quest’arte con telai da tavolo: sono moderni, di fabbricazione nordeuropea, ma ugualmente manuali. Per Tommaso e Barbara è fondamentale che la didattica sia chiara e fruibile a tutti. Non è un lavoro prettamente femminile. “Cristallizzare la tradizione che per sua natura è mutevole significherebbe chiuderla in una gabbia dorata”, afferma Tommaso. Le tecniche tradizionali e il lavoro manuale sono le costanti mentre le variabili sono i colori innovativi e la ricerca di nuove geometrie e contrasti. L’artigianato oggi in Sardegna è inserito all’interno del comparto turistico. Ma l’arte della tessitura non può essere cosi relegata.
Casa Lussu vuole rompere gli schemi, cerca il dialogo, la connessione con le esperienze condivise di agrobiodiversità, specie con la vicina cooperativa agricola di San Nicolò Gerrei. Il fine è quello di riattivare una collaborazione, impostare un ragionamento che sia esportabile perché sostenibile dalle tante realtà dentro e fuori dalla Sardegna. “Ecco perché abbiamo voluto fortemente l’iniziativa chiamata Un caffè ad Armungia”, sostiene Lussu. Lo stesso caffè è un invito alla frequentazione del territorio. Il caffè per definizione è una metafora, è il luogo dell’informalità, dell’incontro”.
Nel 2016 è arrivato il conferimento all’associazione Lussu del Premio Bianchi Bandinelli per la tutela come impegno civile. Un riconoscimento importante che da forza a un progetto di vita anticapitalista. “L’obbiettivo – continua Lussu- è quello di una riappropriazione della coscienza di luogo, e della cosiddetta consapevolezza Ich (intangible cultural heritage- eredità culturale intangibile)”. Musealizzare significa cristallizzare e l’obiettivo per la coppia Lussu- Cardia è quello invece di rendere viva e vivace una comunità che sfida lo spopolamento. Parlare di tessitura non significa indossare il costume sardo. È ben lontana da Lussu e Cardia la patina di retorica che ruota intorno all’artigianato. Quest’ultimo dovrebbe riappropriarsi invece della sua vera forza per diventare nuovamente parte del comparto produttivo e non prodotto di nicchia di un turismo devoto a nostalgiche e romantiche realtà in via di estinzione. Casa Lussu punta dunque a un turismo esperienziale, che rispetta la tradizione, fatta di piccoli numeri e tempi lenti, dove è previsto l’incontro e il confronto, ma anche l’innovazione: “Ora viviamo qui. Domani potremmo decidere di vivere altrove, ma cercheremo sempre di guadagnarci da vivere puntando su saperi tradizionali, agrobiodiversità e ambiente”. Nel 2016 il conferimento all’associazione Lussu del prestigioso Premio Ranuccio Bianchi Bandinelli per la ‘tutela come impegno civile’.
Alessandra Piredda