Badde Suelzu, la web serie sul villaggio ‘ancora’ non abbandonato dagli abitanti

Si sentono gli ultimi, e probabilmente lo saranno. A Badde Suelzu vivono in sette, nessun bimbo o adolescente. A loro è dedicata la web serie del portale Sardegna abbandonata attivo da ormai cinque anni e che produce e diffonde in modo generoso mappe e schede di paesi fantasma, ex siti industriali, ville e luoghi e un tempo animati e oggi quasi dimenticati, della loro storia, e talvolta di una loro seconda vita. E chissà che non esista un futuro meno scontato anche per questo micro villaggio, un puntino bianco nella cartina di rilievi galluresi con una strada tutta curve che si percorre solo ed esclusivamente per arrivare lì. Con tanto di cartello stradale dedicato. Anni fa gli abitanti di questa frazione di Alà dei sardi – distante comunque 30 chilometri – erano settanta, ora sono letteralmente decimati. Vivono della campagna dell’entroterra, sono soprattutto pastori ed estrattori di sughero. “Siamo arrivati lì immaginando uno dei tanti luoghi abbandonati – spiega il regista Martino Pinna, già fondatore del sito e dell’omonimo progetto  – poi la sorpresa: le case aperte, il minuscolo via vai. E quindi la decisione di documentare le giornate e i pensieri di queste persone che vivono davvero in un posto meraviglioso dal punto di vista naturalistico ma del tutto isolato”. L’inattesa scoperta ha portato a una riflessione su un soggetto considerato ancora più interessante: “Anche per questo abbiamo scelto il mezzo video, ma solo dopo aver incontrato e parlato a lungo con i sette. Di alcuni, anzi, posso dire di tutti siamo diventati amici. Da quel primo giorno siamo tornati più e più volte, abbiamo mangiato insieme e dormito lì. I legami umani sono arrivati prima delle riprese”. Pinna – 33 anni, oristanese – per lavoro si occupa di video e da qualche tempo si è trasferito in Toscana. Ma ha continuato a occuparsi di Sardegna abbandonata (insieme ad altri tre), per questo nuovo progetto ha coinvolto Alessandro Violi, di Parma, altro appassionato di luoghi non da convenzionale cartolina. “Torno spesso in Sardegna, per i miei legami affettivi personali, ma anche per scoprire nuove posti abbandonati. Adesso siamo in fase di montaggio, abbiamo messo online le due puntate e per ottobre dovrebbero essere pronte le altre, forse due, forse tre – continua a illustrare Pinna -. Il girato, ovviamente, è tantissimo”.

LE FOTO. Badde Suelzu, sette abitanti all’ombra di decine di pale eoliche

Le mucche sullo sfondo delle pale eoliche mai ferme

Sugherete piegate dal vento, mucche che pascolano lentamente vicino alla carcassa di un bus fermo e sullo sfondo l’eterno movimento delle pale eoliche di un enorme parco. Strade ovviamente deserte e nelle case una persiana aperta in penombra rivela la presenza umana. La natura sembra avere la meglio: c’è un’aria di destino e fatalità, nelle parole di coloro che si reputano gli ultimi abitanti. Dopo ti noi non ci sarà nessuno, questo il ritornello. Ma c’è spazio pure per la vita, per le immagini crude e reali della nascita di un capretto di Salvatore, uomo schivo e riservato, descritto teneramente dalla mamma anziana.  Di seguito la prima puntata: tra le curiosità la tv che trasmette in video – con un effetto straniante – una sorta di classico documentario che cita una leggenda sulla stessa frazione.  Le puntate hanno una numerazione ma sono del tutto autonome e non c’è un ordine prestabilito di visualizzazione.

 

 

L’altra Sardegna

“Sembra che tutte le immagini arrivino da una stessa giornata e invece sono state fatte nell’arco di circa un anno, da gennaio 2016 a febbraio 2017”. Di certo le spiagge assolate e i selfie di tendenza sulla Costa Smeralda appaiono distanti anni luce. Anche se la mini comunità ha case comode e contemporanee, stufe a pellet tra i silenzi delle montagne. La spesa? Non è quella al supermercato col carrello. alcuni hanno l’auto, ma non tutti. In gran parte sono autosufficienti: hanno latte, carne, le verdure dell’orto e gli alberi da frutto. E poi, c’è un giro di ambulanti che batte anche le  zone meno accessibili: dall’olio al pesce.

 

La filosofia della libera condivisione

Pinna – e gli altri animatori del portale- sono convinti sostenitori della filosofia della libera condivisione (gratuita). L’intero lavoro di Sardegna abbandonata è una sorta di prodotto per la collettività, tutto si può condividere (o proiettare anche in pubblico) secondo la licenza Creative Commons, basta solo l’attribuzione dei crediti corretta. Per le spese non esiste un vero crowfounding ma un libero contributo di sostegno: sia le mappe virtuali dei luoghi con tanto di documentazione fotografica, sia per i video. La web serie su Badde Suelzu segue l’esperimento di autoproduzione di un film, Adiosu, con due versioni con sottotitoli in inglese e in spagnolo. Mezz’ora in cui, a dispetto del titolo, c’è spazio anche per sentimenti diversi dalla nostalgia; l’intento dichiarato dagli autori è fornire “Non è un documentario: vuole essere piuttosto uno sguardo fuori dal tempo su una terra che immaginiamo del tutto abbandonata dagli esseri umani. O quasi”.

Monia Melis

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