I ‘Tesori viventi’ dell’artigianato sardo, nuovi progetti con designer nazionali

di Andrea Tramonte

L’idea era quella di mettere a contatto alcuni piccoli artigiani dell’Isola con designer dalla statura internazionale, il saper fare manuale con la cultura del progetto, per creare uno scambio di competenze e produrre collezioni che – partendo dalla tradizione sarda – fossero pienamente iscritte nella contemporaneità. L’iniziativa si chiama Artijanus/Artijanas ed è promossa dalla Fondazione di Sardegna con la direzione artistica della Triennale di Milano guidata dall’architetto Stefano Boeri e la collaborazione della Fondazione Cologni: una partnership prestigiosa in grado di dar luce alle produzioni dell’Isola. “C’è bisogno di parlare di artigianato in un certo modo – spiega Roberta Morittu, designer e co-curatrice del progetto insieme ad Alberto Cavalli -, collegandolo a un discorso di contemporaneità. Ci sembrava che la collaborazione con la Triennale e con la Fondazione ci potesse aiutare a collocare questo dialogo in un contesto nazionale e internazionale”.

Il progetto è partito alcuni mesi fa e si basa su alcuni step fondamentali. Innanzitutto la selezione di artigiani e designer. La scelta è caduta sulla bottega ceramica Terrapintada di Bitti – dietro le quali troviamo Simonetta Marongiu, Robert e Giulia Carzedda – e Tessile Medusa di Samugheo di Marcella Sanna. I designer invece sono Daniele Bortotto e Giorgia Zanellato per la ceramica e Serena Confalonieri per la tessitura. Poi un programma di conferenze e webinar per aiutare il mondo dell’artigianato a sviluppare ulteriori competenze in grado di far crescere professionalità e aprire lo sguardo verso l’esterno. Ancora, le residenze dei designer nei piccoli centri sardi coinvolti – Bortotto e Zanellato sono già stati a Bitti a maggio – e infine una tre giorni al Museo Nivola di Orani, con la direzione artistica di Boeri, non solo per presentare una anteprima delle collezioni ma anche per riflettere sul senso di una iniziativa che cerca anche di dare un contributo alla valorizzazione dei borghi (un vecchio pallino dell’architetto milanese). Il nome del progetto è Tesori viventi, “Inteso anche come riscoperta e valorizzazione di quel patrimonio di conoscenze, competenze, codici stilistici – spiega Morittu -, che è conservato dalle generazioni passate e che è rivitalizzato, ibridato dalle generazioni presenti. Se questo dialogo non viene preservato e non si riconosce come la linfa vitale è difficile fare passi avanti”.

Negli ultimi anni il dialogo tra artigiani e designer ha prodotto numerosi progetti rilevanti e probabilmente è uno dei terreni privilegiati in cui la tradizione dell’Isola è riuscita a essere non cristallizzata, aprendosi al nuovo, all’innovazione, allo scambio e alle contaminazioni. Artijanus/Artijanas – nome e logo sono stati ideati dal compianto Stefano Asili – si inserisce pienamente in questo filone vitale e prova a fare un passo in più. “È importantissimo anche da un punto di vista economico – spiega Morittu – Se perdiamo aspetti fondamentali della nostra identità culturale come possiamo competere con le produzioni di tutto il mondo? Sono quelle caratteristiche che ci rendono unici. Anche per questo è fondamentale avere coscienza e saper raccontare la nostra storia, ma tradotta attraverso dei prodotti che vivono nel presente e sono legati al presente. Senza nostalgia del passato”. Il team della Triennale – insieme alla Fondazione Cologni – ha selezionato dei giovani designer che avevano già collaborato con loro e avevano le caratteristiche adatte a dialogare con le realtà artigiane dell’Isola. I ragionamenti legati alle aziende artigiane invece sono diversi. Il territorio di Samugheo è un importante distretto legato alla tessitura: il sapere domestico – in ogni casa era presente il telaio – è diventato nei decenni la base di imprese artigiane in grado di essere riconosciute anche al di fuori dell’Isola. “Al di là della storia delle singole aziende – spiega Morittu – l’iniziativa è una occasione per raccontare i nostri territori”. La storia della ceramica è diversa. Non solo la qualità del lavoro di Terrapintada, ma anche la decisione di sostenere un paese come Bitti colpito duramente dal dramma dell’alluvione. Lo stesso laboratorio artigianale è finito allagato durante quelle giornate infernali.

Il confronto tra artigiani e designer è stato all’insegna della condivisione. “Non abbiamo chiesto loro solo di entrare nel contesto territoriale e attingere dalle suggestioni che i luoghi possono offrire – spiega Morittu – ma anche capire le esigenze produttive delle aziende, creando una collezione con una sua forza, una sua identità”. Il valore dell’iniziativa va al di là della creazione di una serie di oggetti. “Cerchiamo di animare i borghi attraverso una rigenerazione urbana che fa dell’artigianato una leva di sviluppo. Nutrendoli di cultura, di lavoro e di vita”.

 

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