Arte e foto nei piccoli centri dell’Isola. Nostos, il libro è su Santu Lussurgiu

di Andrea Tramonte

L’evento si è svolto in una abitazione rurale nel centro storico di Santu Lussurgiu, all’interno di spazi che un tempo erano adibiti a fienile e ricovero notturno per gli animali. Qui – tra scantinati scavati nella roccia e sale dove si trova il camino, una cucina rustica e una grotta – un gruppo di giovanissimi sardi ha organizzato una mostra che è stata più cose insieme: residenza d’artista, laboratorio di tecniche fotografiche, performance, esposizione collettiva e infine un libro uscito di recente – un meta-catalogo, lo chiamano loro – che raccoglie tutti i lavori presentati nel corso dell’evento. Il volume si chiama Nostos, che vuol dire “ritorno”, ed è una scelta in linea con la missione che i giovani artisti si sono dati: quella di portare a casa le competenze acquisite negli anni al di fuori dall’Isola e proporre una serie di interventi culturali in grado di dialogare con i diversi territori della Sardegna scelti di volta in volta.

Il progetto è portato avanti da un collettivo chiamato Transhumanza – ne fanno parte Ambra Iride Sechi, Alessandra Sarritzu, Dario Sanna e Matteo Orani – e si muove tra fotografia e arte all’interno di spazi insoliti: la prima tappa, due anni fa, si è tenuta all’interno di una casa disabitata a Siniscola. La seconda si è svolta nel 2020 nel centro dell’Oristanese a ridosso del periodo di carnevale e della tradizionale manifestazione equestre di Sa Carrela ‘e Nanti. “Le tappe di Nostos – spiegano – sono il tentativo di proporre una lettura del territorio della Sardegna attraverso il dialogo tra le tradizioni popolari ed i linguaggi dell’arte, veicoli di crescita e conoscenza capaci di costruire ponti che mettano in relazione individui e mondi fra loro distanti. L’arte dev’essere alla portata di chiunque, fruibile e accessibile, un patrimonio pubblico delle comunità”. Così per esempio le specificità del territorio di Santu Lussurgiu sono rappresentate plasticamente da Cori Modde, un’opera di fiber art realizzata da Elisabetta Ardu che sublima le forme del casizolu – formaggio a pasta filata tipico della zona con la sua tipica forma a pera – in un’opera che vuole essere simbolo della coscienza ecologica e della dicotomia del rapporto uomo-natura con un richiamo ai pascoli del Montiferru, al lavoro della terra e al ritmo delle stagioni.  O ancora l’installazione multimediale di Sanna intitolata Genius loci, che riflette sui paesaggi della zona – sulla pietra e sul vapore acqueo dell’antico vulcano da cui prende il nome il Montiferru, appunto.

I collage digitali di Rita Deidda – nella serie de La Madonna con tastiera – sono anche un omaggio a Santa Lucia e in generale in inno alla rivalsa della figura femminile, mentre il lavoro audio-video di Fabio Talloru – intitolato S’Oru, l’argine – è una indagine intorno alle forze liquide del paese. Erika Pellicci indaga sulla figura di Mommotti e la rottura della Pignatta, pratica comune a diverse tradizioni del Carnevale, attraverso una installazione-performance che mira a creare un rito propiziatorio collettivo. Hanno arricchito la mostra – e il volume, che si può ordinare tramite il profilo Instagram di Tanshumanza – anche le opere di Emanuela Meloni, Davide Marconcini e Felice Rosa“È facile, oggi, focalizzare la propria attenzione nelle piccole realtà sarde, quei micro mondi ricchi di variegate conoscenze, ghiotte occasioni per chi vive alimentando e assecondando la propria fantasia – spiegano i ragazzi del collettivo . È facile invaghirsi di queste realtà, immaginare cosa mediante l’arte si possa fare in questi luoghi, programmare attività per un pubblico quasi mai definito e finirla per lasciare segni sulle cose ma non sulle persone. È più difficile invece entrare nelle comunità in punta di piedi, ascoltando la natura, i ritmi e i linguaggi di chi le vive, avere come obiettivo un’esperienza e un bagaglio da arricchire. Questo abbiamo cercato di fare”.

 

 

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