Arriva il documentario “Senza passare dal via”: l’industria di Ottana tra speranze e delusioni

Un film, un documentario, un’inchiesta: “Senza passare dal VIA”, di Antonio Sanna e Umberto Siotto, è il tentativo di mettere ordine nella memoria, anche dolorosa, di un recente passato. Quella della politica industriale regionale, dagli anni ’60 ai nostri giorni, attraverso i racconti diretti di quella vicenda. “È stato calcolato – dice Sanna – che per l’industria di Ottana siano stati spesi circa due miliardi di euro. Non è ad oggi possibile calcolare, però – continua l’autore – l’entità della spesa per la previdenza sociale e la cassa integrazione. Dall’Inps dicono che ad oggi non hanno informatizzato il sistema con tutti i dati correnti”. Un investimento che avrebbe dovuto dare la piena occupazione al territorio, si diceva, ma che nonostante gli incentivi statali si è trasformato in un cimitero di fabbriche nella media valle del Tirso. Sabato a Nuoro, alla prima nazionale del film, c’era il pubblico delle grandi occasioni. Politici, operai, sindacalisti, tutti gli attori di quello che negli settanta venne chiamato il ‘Piano di Rinascita’ della Sardegna. Chi c’era fin dall’inizio e chi è chiamato a raccogliere il testimone pesantissimo di quell’epoca, all’interno di un quadro generale di crisi differente rispetto ad allora. Presente anche l’ex Presidente della Regione Pietrino Soddu, all’epoca in capo all’Assessorato alla Rinascita, che fu uno dei principali attori di quel Piano. Presente anche Giosuè Ligios, ex presidente della Provincia di Nuoro, e l’attuale sindaco di Nuoro, Andrea Soddu.

Il film ha il merito di disegnare la parabola di un’epoca attraversata da molte speranze e delusioni. Erano gli anni della Commissione parlamentare Medici, delle rivolte popolari della parte sana dei comuni della Barbagia, che lottavano contro la devianza sociale dei sequestri di persona e la piaga del banditismo. C’era la necessità – avvertita anche a livello nazionale – di fare delle scelte ben precise per queste terre. La soluzione fu la chimica. Ma ben presto alla guerra per il lavoro si accompagnò una guerra per interessi politici, all’interno della Dc e non solo. L’enorme piano pensato rientrava nel progetto generale dell’industrializzazione che, attraverso la cassa per il mezzogiorno, dal sud doveva decretare il boom della ripartenza, dopo gli effetti nefasti della guerra. Vi fu allora l’azione di Rovelli e dell’Enichem, che si facevano addirittura concorrenza con lo stesso prodotto nella stessa area. La spuntò, come si sa, l’Azienda di Stato. Ma era chiaro che il Piano di Rinascita, nato dai presupposti della ‘rivoluzione sociale’, divenne presto un enorme cantiere controllato dalle partecipazioni statali per cui a questi territori non si proponeva alcuna alternativa. La stessa stampa in Sardegna, acquisita e controllata dallo stesso Rovelli, giocava un ruolo determinante per le scelte degli amministratori locali e delle popolazioni che si opponevano a questo progetto. Il risultato, dopo anni di prosperità e di lavoro, fu che sugli iniziali 18.000 occupati diretti preventivati, solo 3.700 presero servizio e, in seguito ad altri investimenti, fatti negli anni ’90 e 2000 per il rilancio dell’area, oggi, solo 15 imprese operano nella zona con circa 300 occupati.

La vicenda di Ottana, però, non ha solo strascichi sul piano occupazionale, dello spopolamento e della mancanza di prospettive attuali, ma anche su quello della salute e delle bonifiche. Analisi e bonifiche, infatti, non sono mai partite in maniera determinata, al punto che la stessa entità del danno attuale nel terreno, con agenti inquinanti presenti nel fiume Tirso, non ha ancora un numero certo. Vi è poi il fronte posto in risalto dalla Presidente Regionale Aiea (Associazione Italiana Esposti Amianto), Daniela Contu, anche lei presente in sala ieri, che dichiara che ad oggi solo 7 malati contro i circa 160 ricorrenti all’Inal, per l’insorgere di patologie legate al mesotelioma pleurico o asbestosi, sono stati riconosciuti e indennizzati. “È stato calcolato – continua – che il picco della malattia salirà vertiginosamente in questi anni. Il problema è che, dal 2005 agli operai dovrebbe essere riconosciuta l’assistenza sanitaria attiva, con controlli annuali, da parte della Regione per conto della Spresal. A loro spettava anche lo scivolo pensionistico anticipato, secondo la legge esposti amianto del ’98, per cui molti non hanno avuto un’informazione adeguata a riguardo. La cosa terribile, però, è constatare che le tecniche tradizionali, utilizzate per le analisi presso l’Inail, oggi non sono adeguate a far emergere i problemi legati all’asbestosi”. Il sogno di Ottana, insomma, per molti a tutt’oggi appare essere un brutto sogno.

Davide Fara

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