Architettura, le case in Gallura di Ponis: “Un modello, il suo lavoro rispetta paesaggio e coste”

Andrea Tramonte

Le sue case sono quasi mimetizzate nel paesaggio gallurese, tra le rocce di granito e la macchia mediterranea. L’architetto ligure Alberto Ponis le ha progettate a partire dagli anni Sessanta in Costa Paradiso – quando a pochi chilometri di distanza il principe Karim Aga Khan “creava” la Costa Smeralda – seguendo alcuni principi che all’epoca erano all’avanguardia e probabilmente lo sono ancora: le case rispettano profondamente il paesaggio e il contesto naturale in cui sono collocate. All’epoca la sensibilità nei confronti della tutela delle coste era – diciamo così – molto meno spiccata e anche per questo il valore del lavoro di Ponis – che oggi vive ancora nella “sua” Palau e ha quasi 90 anni – è ancora più importante. “Crediamo che il suo modo di lavorare nel paesaggio sia riproponibile anche oggi, specie alla luce delle problematiche che stiamo vivendo anche a livello di cambiamenti climatici”, dice Maria Pina Usai, dottoranda al Dicaar dell’Università di Cagliari. L’architetta cagliaritana sta seguendo un progetto in Costa Paradiso che rientra nell’ambito di un progetto vincitore dell’avviso pubblico Festival architettura II edizione, promosso dalla direzione generale creatività contemporanea del ministero della Cultura e ha come tema quello di “Abitare la vacanza”, con iniziative in Liguria, Toscana e nell’Isola. Ogni sito sviluppa una tematica specifica e in Sardegna il cardine sarà quello del progetto della costa e di come le nuove metodologie possano contrastare i cambiamenti climatici in un territorio fragile. 

“Vogliamo elaborare una riflessione a partire dalle architetture di qualità nelle aree costiere – racconta Usai -. Negli anni Sessanta e Settanta siamo partiti da un certo tipo di qualità costruttiva e architettonica, poi il turismo di massa ha portato a una densità abitativa maggiore rispetto al paesaggio libero. Vogliamo ragionare su principi e riflessioni che poi possano essere declinati anche negli spazi pubblici”. L’architetta elaborerà una mappatura degli usi e degli scenari futuri in relazione anche agli effetti nefasti dei cambiamenti climatici. Con una riflessione anche sulle conseguenze del turismo e dell’overtourism. “In particolare la mia tesi è che non destagionalizzare sia un valore aggiunto, perché questo permetterebbe ai territori di rigenerarsi a livello antropico e ambientale. Ho lavorato a Carloforte e ho visto sia l’impatto profondo del turismo d’estate sia quel momento in cui la comunità si riappropria del territorio, lo vive nella quotidianità e nella normalità. La natura si rigenera nel momento in cui non c’è più tutta quella pressione umana”. Il caso della Costa Paradiso naturalmente è diverso. “È nata per la vacanza. Prima non c’era una comunità. Ma oggi si passa dai 43 abitanti in autunno e in inverno ai 12mila estivi. Ci sono persone che vivono lì d’inverno e d’estate vanno via. Cercano la calma, il paesaggio che si rigenera, la natura che si appropria dei luoghi. Come nelle case di Ponis, che sono costruite in modo millimetrico nel paesaggio e vedi il modo in cui la natura “invade” gli spazi”. 

L’idea è quella di imparare dai maestri dell’architettura e ripensare i luoghi delle vacanze. “L’imprenditore Pierino Tizzoni ha inventato la Costa Paradiso dal nulla – racconta Emanuele Piccardo, curatore scientifico del festival – e chiede a Ponis di lavorare ai progetti delle case. L’architetto ligure si ispira all’architettura vernacolare e allo stazzo gallurese. Le sue case si generano sulle forme della natura, le inglobano. Piante e rocce diventano elementi da valorizzare e non da rimuovere. Sappiamo che non tutti hanno seguito il suo esempio e c’è stato un progressivo abbandono della qualità per un progetto di mera speculazione edilizia. Invece Ponis aveva indicato la via di come procedere in un contesto così fragile”. L’obiettivo del festival così è anche politico in senso lato: redarre un manifesto delle azioni di progettazione nelle coste che possano fissare dei paletti nell’uso del territorio, anche in relazione agli effetti del cambiamento climatico. “I territori come quelli della Costa Paradiso non possono più reggere una invasione così massiccia – prosegue Piccardo – . Occorre una progettualità diversa e forse anche dire che in certi contesti non si può più costruire”. 

Oltre al progetto di ricerca di Usai, Abitare la vacanza avrà anche dei momenti laboratoriali, workshop e talk. L’associazione LandWorks – impegnata in un progetto di rigenerazione urbana nel borgo dell’Argentiera – organizzerà laboratori di progettazione e costruzione partecipata per il recupero e la valorizzazione di spazi in disuso individuati insieme alla comunità e le istituzioni locali. Ci sarà anche la residenza dell’artista spagnola Anna Moreno che risiederà all’interno di una casa progettata da Ponis, per realizzare un’opera video su Costa Paradiso. Infine ci saranno visite guidate nelle sue architetture della zona – in collaborazione con l’Ordine degli architetti di Sassari – e poi verranno organizzate delle conferenze e delle presentazioni di tutto il lavoro svolto nell’ambito del festival. Dal 15 al 30 aprile le visite guidate nelle case di Ponis, insieme ai proprietari e committenti originali. “Costa paradiso sarà il teatro della conclusione del festival dove gli esisti delle azioni compiute anche nelle altre due regioni convergeranno – dice Piccardo -. Presenteremo pubblicamente gli esiti dei lavori e lanceremo le suggestioni di un manifesto che presenteremo a Marsiglia in autunno. Per non lasciare cadere nel vuoto questo grido di dolore del territorio che deve essere messo al riparo dalla speculazione. Deve esserci una consapevolezza diversa. Far comprendere anche a un pubblico generalista che nei territori si deve intervenire certe modalità. Ponis ha suggerito una via corretta”. 

Andrea Tramonte

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