di Bruno Caprioli
L’esperienza del Vinitaly è anche il racconto di una Sardegna enologica che si sa innovare o – meglio ancora – che sa riscoprire o dare valore a un patrimonio di terre e vigne, etichette e aziende che stanno entrando in modo importante nel mercato che conta. Bovale, Barbera Sarda, Carignano fuori dal Sulcis sono scelte coraggiose che stanno premiando i produttori sardi che vanno anche oltre il vino per puntare su ospitalità e turismo.
Da Dolianova un Carignano in purezza
Il Carignano è sempre un protagonista, anche quando non è nel suo territorio di elezione della Doc. È il Falconaro una Igt lanciata sul mercato lo scorso novembre dalle Cantine di Dolianova , la più grande realtà vinicola della Sardegna con 300 soci, 1200 ettari e 4 milioni di bottiglie prodotte. Massimiliano Farci, il direttore commerciale, è molto convinto del progetto.
“Da sempre producevamo vini a base di Carignano, da molti anni facevamo il Falconaro ma come blend di uve Carignano, Cannonau e Montepulciano. È stato facile quindi, quando il disciplinare Igt lo ha consentito, fare questo passo. Anche perché molto interessante in termini commerciali in un mercato che apprezza molto questo tipo di vino. La risposta in questi primi mesi è stata molto incoraggiante”.
Oggi Cantine di Dolianova produce ben 45 vini diversi soprattutto Cannonau, Monica, Nuragus, Moscato, Vermentino. Una menzione particolare va allo Jù Rosso Isola Dei Nuraghi Igt, blend di Syrah e Barbera Sarda. “Jù, che era il nome del giogo di buoi che scavavano solchi profondi nella terra del Parteolla, secondo Farci sarà “la più importante delle nostre etichette destinata a sfidare i grandi vini”.
24 mesi in barriques e altri 6 in bottiglia per poi andare sul mercato. La vendemmia 2017 è uscita con sole 4.260 bottiglie numerate ed è stata molto apprezzata da uno dei più importanti critici del vino, James Suckling che giusto un anno fa ha insignito il JÙ con ben 94 punti. “Ma anche in questo caso – dice Farci – la strada, come per molte realtà sarde è stata lunga ed inizia nel 1949”. Nel 1960 i vini della cantina approdano nella Penisola e nel 1970 inizia l’export che segue molto il percorso degli emigrati sardi all’estero. Oggi il mercato si sta consolidando anche in Usa e Cina, mercati che Farci considera molto interessanti. I canali di distribuzione per una realtà grande come Cantine di Dolianova sono molto differenziati. Ovviamente Horeca per i vini top e per 5 etichette tra bianchi rose e rossi prodotti da uve selezionate, ma anche grande distribuzione (soprattutto in Sardegna), cui sono state dedicate addirittura tre linee di prodotto. Ma la vera forza è il legame con il territorio. “Dai primi 35 viticoltori che unirono le forze per realizzare un sogno comune oggi siamo più di 300. Molti di loro sono figli o nipoti dei soci fondatori e con il loro impegno proseguono il sogno dei loro padri”.
Con il Bovale un premio a Su’Entu e al territorio della Marmilla
Dopo l’incontro con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che lo scorso autunno lo ha nominato Cavaliere del Lavoro, Salvatore Pilloni è giunto al Vinitaly per ritirare il premio “Angelo Betti” (il padre’ del Vinitaly) per i “Benemeriti della Viticultura Italiana per la Sardegna” un riconoscimento che viene conferito a grandi interpreti del mondo enologico italiano e ad aziende che si sono particolarmente distinti per lo sviluppo qualitativo della viticoltura e dell’enologia, in Italia e all’estero.
Come ha sottolineato l’assessora all’agricoltura, Gabriella Murgia, che ha indicato Su’Entu come candidato “abbiamo voluto premiare un modello moderno di cantina che unisce la produzione vinicola e l’offerta turistica con una grande struttura in cui gli spazi produttivi sono affiancati a quelli per l’accoglienza”. Ed è questa in sintesi l’essenza di Su’Entu la “giovane” cantina fondata da Salvatore Pilloni nel 2009 e oggi guidata da Valeria, Roberta e Nicola Pilloni.
Ed è proprio Roberta che ci tiene a sottolineare con orgoglio come “quella che all’inizio era una scommessa oggi è diventata una grande passione di famiglia”. Una passione che va veloce. Gli impianti delle prime vigne nel 2009, la prima vendemmia nel 2012 con il Su’Nico Bovale, la nuova cantina nel 2015. Nel 2018 il Bovale ottiene i tre bicchieri del Gambero Rosso. E via così fino a questo Vinitaly. Una passione che ha un forte legame con il territorio della Marmilla. “La nostra famiglia – dice Roberta – ha sempre amato Sanluri, perché è casa, e ha sempre creduto in questa terra e nel suo potenziale. Per questo non abbiamo esitato a lavorare sodo per riportare la natura al suo antico splendore e siamo stati i primi a produrre un vino, il Bovale, proprio con la denominazione Marmilla Igt. Oggi l’azienda dai suoi 36 ettari vitati (sugli 80 complessivi) produce 300mila bottiglie il 60% delle quali si fermano in Sardegna ma con un 20% di export che raggiunge soprattutto l’Europa e la Svizzera in particolare, dove amano molto il nostro rosso”.
È il Bovale che la fa da padrone cui si affiancano il Vermentino e il Cannonau. Sempre il Bovale è il vino di punta con il Su’Nico (10 mesi in legno), il più richiesto e venduto e Su’Diterra. Ci sono poi altre 9 etichette tra Rosè, Vermentino, Passito e Cannonau. Il legame con il territorio torna forte nelle parole di Roberta. “Salvatore, nostro padre e fondatore della cantina, ha scelto di tornare alle origini per consolidare un legame già profondo con la propria terra e le proprie radici. Noi lo abbiamo seguito e quello che era un suo sogno è diventato una nostra passione e la nostra missione quotidiana”.
“Il futuro di Su’Entu – aggiunge- sta anche nello sviluppo dell’ospitalità, non solo in cantina, perché crediamo fortemente nella possibilità che attraverso l’accoglienza di qualità sia possibile una crescita della Marmilla anche attraverso il turismo”.