La chef Ravarotto mostra il disco di pasta del filindeu, raro formato di pasta

VIDEO. L’antica arte di ‘Su filindeu’. I ‘fili di Dio’ della chef Marina Ravarotto: ecco come si prepara

di Manuela Vacca

“La fatica la senti il giorno dopo, tutta nelle mani”. Marina Ravarotto, classe 1981, parla della laboriosa preparazione del “filindeu”, la rara pasta del Nuorese fatta con semola di grano duro, acqua e sale. Sono pochissime le persone oggi in possesso della tecnica per realizzarla. “Io sono autodidatta e ci ho messo quattro anni per imparare”, racconta la chef nuorese al pubblico accorso nel suo ristorante “Chiaroscuro”, a Cagliari, in occasione della dimostrazione organizzata da Slow Food Cagliari Aps per i festeggiamenti del Terra Madre day, lo scorso 10 dicembre.

Marina Ravarotto inizia la lavorazione della pasta per realizzare Su filindeu

Nella serata guidata dalla presidente della condotta cagliaritana Antonella Angioni, quelle mani non si fermano per almeno due ore. Compone con cura il formato di pasta a sottili filamenti, chiamati “fili di Dio”. La tecnica si tramandava da madre a figlia ma, nel caso della chef formatasi con Mario Tirotto e Roberto Petza, è praticamente il riuscito esito di un testardo apprendimento durato quattro anni da autodidatta.

Marina Ravarotto inizia a stendere i fili. Dietro di lei Antonella Angioni, presidente di Slow Food Cagliari

La preparazione era associata alla festa di San Francesco come piatto caldo in brodo da servire ai pellegrini alla fine del cammino a piedi – circa trenta chilometri – da Nuoro sino alla chiesa campestre eretta sul Montalbo, la montagna calcarea tra i territori di Siniscola, Lula e Lodè. Un atto di devozione tra i più sentiti in Sardegna e che Grazia Deledda descrive nel suo romanzo “Elias Portolu”. La titolare di Chiaroscuro ha un legame sincero con il premio Nobel. Anche il nome del suo locale è un omaggio all’opera della scrittrice.

Intanto continua a lavorare intensamente. Le sue dita idratano e salano la pasta. “Il sale viene utilizzato per tirare i fili”, spiega alla platea mentre valuta la corretta idratazione e l’elasticità. Solo così l’impasto potrà essere tirato bene e si potranno accoppiare le estremità dei filamenti. I fili creati vengono appoggiati sopra un disco di asfodelo in modo da formare la trama che dovrà asciugare in circa due settimane. Solo dopo sarà spezzato e cotto nella tradizionale ricetta in brodo di pecora e condimento di pecorino.

Procede con la formazione degli strati e rallenta solamente per rispondere alle domande. Al termine mostra il disco chiaro di pasta che ha ricamato sull’asfodelo. I presenti ne degusteranno uno già pronto (lo mostra, tavolo per tavolo, Antonella Angioni) nel suo iconico piatto in brodo di pecora che la chef serve in una versione chiarificata. Una proposta raffinata, sempre nel solco della tradizione, che appaga i commensali. Il segreto di un buon filindeu? “Tanto lavoro, tanta dedizione e tanta passione“, riferisce a Sardinia Post.

La presidente di Slow Food Cagliari Antonella Angioni mostra una prozione di Su filindeu
Su filindeu in brodo firmato Marina Ravarotto

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