Oggi nome di riferimento della cucina vegana fine dining, propone un antipasto, un primo, un secondo e dessert da fare da soli
di Manuela Vacca
Mi piace fare piatti golosi senza troppe spinte di acidità e amaro, mi piace la cucina godereccia, quella che al palato diventa golosa”. A parlare è Fabio Vacca, executive chef del resort Valle dell’Erica di Santa Teresa di Gallura. Ormai il 39enne è nome di riferimento del fine dining vegetale nell’isola: non si limita ai vegetali per contorno e punta a metterli al centro della portata.
In questo periodo è impegnato a Cagliari nel Pop up Cucina.green, un’idea di ristorazione temporanea veg di Cucina.eat voluta dai titolari Alessandra Meddi e Giuseppe Carrus per la gioia degli avventori. “Il mondo veg sta crescendo sempre più negli ultimi anni – sostiene Fabio Vacca –. Mi accorgo che c’è risposta sempre più ampia dei clienti e anche l’onnivoro non ha più pregiudizi”.
Per i lettori di Sardinia Post ha ideato un menù di natale vegano e low cost da fare in casa per le feste. La spesa? “Siamo sui 30 euro per quattro persone”, assicura.
In apertura propone una selezione di formaggi vegani con pane guttiau caldo, civraxiu bruschettato e composte di frutta. Poi un cardoncello arrostito al rosmarino con crema di ceci, acetosella e demi glace di verdure. “Nella tradizione di antipasto classico italiano di formaggi conviviali, ho scelto questo inizio – racconta – e suggerisco i formaggi dell’azienda sarda Veghu con cui collaboro e per cui ho brevettato la ricotta”.
Qualche altro suggerimento: “Per la salsa demi glace si arrostiscono in forno, sino alla doratura, carote, cipolle, gambi dei funghi e qualche scarto di verdure – spiega –. Poi si passa in padella con il concentrato di pomodoro, rosmarino e salvia con aggiunta di acqua per estrarre tutto il sapore. Facciamo bollire sino a due ore e dopo si filtra”.
Il primo da preparare tra le mura domestiche è fregula con crema di carciofi spinosi, limone e polvere di pane bruciato. Suggerisce che la polvere si fa grattugiando il pane avanzato passato in forno. “Messo sulla fregula dà una chiusura affumicata artigianale e gradevole”, sostiene e continua: “Utilizziamo tutto il carciofo e facciamo con i gambi una crema, partendo dal soffritto di scalogno rosolato dolcemente in cui mettere gambi e acqua, frullati ed emulsionati con sale”. E con il cuore? “Puliamo la testa del carciofo, tagliato a julienne e spadellato con olio, sale e prezzemolo e uno spicchio di aglio in camicia. Quindi uniamo alla fregula con olio extravergine e finocchietto rigorosamente selvatico”. Una volta impiattata basta una grattata di scorza di limone e un po’ di polvere di crosta di pane bruciato.
Il secondo che consiglia è un filetto di sedano rapa gratinato con crema di nocciole, patate morbide e pomodoro secco. Sorride: “Ti dà l’idea di un secondo gustoso e nutriente con la parte proteica della nocciole. Si prepara pulendo il vegetale e facendo una porzione della forma che si preferisce alta due o tre centimetri. Poi – prosegue – si scotta in padella per fare la crosticina. Dopo sulla piastra e mettiamo sopra la crema di nocciole”.
Precisa che le nocciole pulite vanno frullate a 70 gradi aggiungendo acqua nella stessa quantità e ne risulta una maionese di nocciole per consistenza. “Se non si ha un Bimbi si porta l’acqua a 80 gradi e poi si frulla con il minipimer – dice –. Le patate possono essere fatte sia al forno che bollite secondo i gusti. Il pomodoro secco va lavato e tagliato a cubetti piccoli e usato come condimento con olio e sale”.
Il dessert è una cheesecake alle castagne. “È abbastanza semplice – promette –. Si fanno bollire le castagne con latte di mandorla e zucchero. Una volta che sono ben cotte si frulla per ottenere una crema di castagna dolce a cui aggiungiamo una punta di succo di limone per dare acidità e panna montata vegetale. Quindi si prepara una base, per esempio con un amaretto secco sbriciolato, e poi si mette in frigo sino a quando si serve con un velo di cacao”.
Per lo chef, che vanta diverse esperienze internazionali, l’equilibrio del piatto “deve essere un’armonia di sapori che non si sovrastano”. Il suo personale equilibrio lo ha trovato anche all’interno del resort, perfezionandosi ulteriormente sulla cultura vegetale. “C’era un’esigenza più che una passione – rivela –. I clienti stanno spesso dieci giorni o più e se chiedono cucina vegana devi variare ed essere sempre all’altezza dell’offerta, specie se spendono mille, duemila euro a notte. Mi sono dovuto formare e mi sono appassionato facendo tante prove: ho scoperto un mondo più stimolante perché ci vuole più tecnica e ingegno e ti dà risultati sorprendenti che non ti aspetteresti”.
In inverno continua gli studi e va in campagna con il padre che, tuttora, gli fa scoprire nuove erbe spontanee. Ammette che, visto il super lavoro nella stagione estiva, gli piace ora dedicare tempo a sé stesso. “Questo è un equilibrio che mi fa vivere bene. Se non sei equilibrato nemmeno i piatti lo sono”, conclude.