Le nuove frontiere del vino attraverso le anfore nuragiche: l’intuizione dell’artigiano Antonio Arcadu

di Umberto Zedda

Dalle anfore nuragiche al vino del futuro: nasce Simbenia, il progetto tra Sardegna, archeologia e fermentazioni in terracotta

Dalla Sardegna alla Mosella, passando per il cuore dell’Europa. È il viaggio delle anfore nuragiche – e di chi ha deciso di riportarle in vita, facendole parlare di vino, memoria e sperimentazione. Si chiama Simbenia il progetto ideato da Antonio Arcadu, artigiano e modellista originario di Nuoro, che ha scelto di guardare al passato per disegnare un futuro diverso per la vinificazione.

Simbenia verrà presentato giovedì 8 maggio 2025 al Teatro gallo-romano di Dalheim, in Lussemburgo. Un luogo simbolico, nel cuore dell’Europa, per una storia che nasce in Sardegna e trova ispirazione tra le sabbie e le onde di Sant’Imbenia, il sito archeologico di Alghero (XI-VIII sec. a.C.) dove sono stati rinvenuti alcuni tra i più significativi esemplari di anfore nuragiche del Mediterraneo occidentale.

Finora considerate principalmente contenitori da trasporto, oggi queste anfore tornano protagoniste sotto una nuova luce: non più semplici recipienti, ma strumenti attivi nella fermentazione e nell’affinamento del vino.

Il vino, l’argilla e un’ossessione

Arcadu, che negli anni ha lavorato tra design industriale, stampa 3D e modellazione scultorea, incontra l’argilla in una forma nuova nel 2019, durante una collaborazione con Wasp, azienda italiana leader nella stampa 3D sostenibile. Proprio lì inizia il cortocircuito creativo: da un lato la ricerca tecnologica, dall’altro la scoperta delle anfore vinicole, in particolare quelle in ceramica.

Le anfore sono diventate una fissa”, racconta sorridendo. Tanto da spingerlo a studiare a fondo il loro uso nel mondo del vino, a frequentare un corso da sommelier (fermato al secondo livello, “perché ormai avevo la testa solo sulle anfore”) e a immaginare un modo per farle parlare di nuovo.

Con la collaborazione della professoressa Anna Depalmas, docente di Preistoria e Protostoria all’Università di Sassari, e il supporto degli artigiani di Artenova Terrecotte (Impruneta, Firenze), Arcadu ha avviato una microproduzione sperimentale di sette anfore, ripensate a partire dai modelli nuragici e adattate alle esigenze di una vinificazione contemporanea.

Ogni pezzo è unico, frutto di un equilibrio sottile tra rigore scientifico, intuizione artigiana e design. La sfida è quella di calibrare i parametri enologici – come i tempi di macerazione o la porosità della terracotta – alle nuove geometrie delle anfore, per esaltare aromi, struttura e personalità del vino.

Simbenia non è solo una ricerca tecnica. È un racconto. È il tentativo di riannodare fili antichi con la pratica del presente, portando l’archeologia fuori dai musei e mettendola a dialogare con il mondo del vino, dell’artigianato e dell’innovazione sostenibile. Un modo per ripensare i contenitori – ma anche i contenuti – delle nostre tradizioni.

Le anfore tornano a viaggiare, sì, ma non più sulle navi dei mercanti fenici. Lo fanno oggi sulle strade della ricerca, della sperimentazione e della collaborazione tra saperi.

E, forse, è proprio questo il loro dono più grande: ricordarci che le cose migliori fermentano lentamente, e che il futuro ha spesso la forma delle cose più antiche.

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