Laboratorio da oltre 100 anni: il pane e la pizza con ingredienti sardi, nuova sfida di Porta

Andrea Tramonte

La storia del panificio inizia più di 100 anni fa a Gonnosfanadiga, una vicenda familiare che ha attraversato alcune generazioni e ora rappresenta un punto di riferimento nel campo dei lievitati nell’Isola, con una ricerca continua che parte da una tradizione consolidata ma senza mai limitarsi a essa. Porta1918 a Cagliari ora punta anche sulla cucina a cena con un menù che ha come fulcro quello delle pizze in teglietta e una birra artigianale fatta col civraxu del panificio.

Le pizze sono cotte in una teglia 30 per 20 centimetri con un impasto di farina non raffinato, macinato in pietra, con l’aggiunta di semola di grado duro sardo e un po’ di farro per cui ci si è affidati alla consulenza di Gabriele Valdes con la collaborazione del giovane panificatore Mohamed Assila, sardo d’adozione, che ha seguito la nascita e lo sviluppo dei panificati di via Mameli 224. Le guarnizioni invece sono ideate dallo chef Fabio Fulgheri, allievo di Marina Ravarotto e Daniele Senis, che cucina insieme allo staff del laboratorio, capitanato da Assila e Gabriele Limoncino: ingredienti rigorosamente territoriali e stagionali.

Una delle pizze è quella Culurgiones, che richiama la pasta ripiena ogliastrina con i suoi sentori di patate e menta. I riferimenti ai sapori dell’Isola tornano anche nei “fregulini“, supplì che contengono la fregula – prodotta in casa – al posto del riso e che fanno parte della scelta di fritture che si possono mangiare come antipasto. “La nostra attenzione è focalizzata con lo chef Fabio sul creare nuove pizze puntando sempre sull’identità – racconta il titolare, Riccardo Porta -, sulla stagionalità e su ingredienti sardi, per rendere l’esperienza dei cultori della pizza ancora più intrigante, stuzzicante e saporita”.

Il locale è stato rinnovato nei suoi spazi per aggiungere dei posti a sedere: fino ad ora era possibile prendere le pizze solo da asporto. “La nostra pizza in teglietta piace perché risulta ben farcita in tutte le sue parti, anche rispetto ad una pizza tonda, è più facilmente trasportabile e il giorno dopo, riscaldata, è buonissima. Una tipologia di pizza che si sposa bene con la manualità, la tecnica e l’esperienza di chi per professione fa il pane. L’ho osservato a Roma, in particolare, dove la pizza in teglia si trova in tutti i panifici. Questo è il valore aggiunto di questo prodotto: esprime e valorizza la specializzazione di un fornaio negli impasti, creando una base ben lievitata e digeribile. La base è per me l’elemento fondamentale, soprattutto in questo genere di pizza, perché senza un’ottima base qualsiasi farcitura, anche la più stilosa, è inutile”. E il lievito è quello madre, naturale, la stessa pasta usata dalla nonna Chiara, fondatrice del panificio oltre cento anni fa.

Andrea Tramonte

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