Fiore sardo, i segreti dell”oro bianco’: “L’artigianalità premia sempre, prodotti perfetti da generazioni”

È l’orgoglio che si leva dalle campagne. Quell’oro bianco che racconta una storia identitaria, al di là dei freddi numeri. La forza del Fiore sardo Dop non si misura in tonnellate prodotte, appena 339 nel 2023. Anzi, quel dato apparentemente risicato fa comprendere la rarità, la magia del formaggio sardo per eccellenza. “Questo prodotto a latte crudo, non pastorizzato, si realizza in maniera totalmente artigianale, come ci hanno insegnato i nostri avi”, commenta Salvatore Bussu, produttore pluripremiato originario di Ollolai ma con azienda agricola nelle campagne di Macomer. “Dobbiamo continuare su questa strada, magari incontrando l’alta ristorazione. È questo il segreto del successo”. Massimiliano Venusti, coordinatore del settore lattiero caseario di Laore, aggiunge: “L’artigianalità premia sempre, con i suoi gesti cadenzati, quelle forme accarezzate. La maestria emoziona”.

Tre giorni ricchi di spunti, dal 21 al 23 maggio, alla scoperta delle Dop casearie sarde. L’evento allestito da Laore va in archivio dopo aver diffuso positività e aver indicato il cammino da percorrere per imbastire un futuro radioso con partenza dalle campagne. Il viaggio tra origine, qualità e gusto ha riscosso i consensi sperati, ha conquistato la nutrita comitiva di ristoratori, giornalisti e food blogger che per tre intense giornate ha solcato l’Isola, tra visite guidate in caseifici d’eccellenza, workshop e cooking show con lo chef stellato Francesco Stara. “Abbiamo puntato sulla valorizzazione dei nostri tre formaggi a marchio Dop – Pecorino Sardo, Pecorino Romano, Fiore Sardo – perché siamo convinti che si possa andare oltre un utilizzo tradizionale”, afferma Alessandro De Martini, direttore del Servizio sviluppo filiere zootecniche e benessere animale dell’agenzia Laore Sardegna. “Riteniamo che questi prodotti dalla qualità elevatissima possano stare di diritto nelle grandi cucine ed essere la base di importanti piatti. Anzi, alla luce dei commenti lusinghieri raccolti tra gli addetti ai lavori, credo che le cucine prestigiose debbano accogliere i nostri formaggi come delle ideali ambasciatrici”.

Dopo aver dedicato la giornata di martedì alla scoperta del Pecorino Sardo, a Dolianova, e quella di mercoledì al racconto del formaggio del momento, il Pecorino Romano, a Ittiri, la macchina allestita da Laore ha fatto tappa nelle campagne di Macomer. I fratelli Gianfranco e Salvatore Bussu hanno svelato i segreti del Fiore Sardo Dop, nella loro azienda a conduzione familiare che sprigiona ovunque una manualità quasi sacrale. Per realizzare quel formaggio unico, abbonato ai riconoscimenti, servono solo gesti cadenzati e sempre uguali. Così, i fratelli ollolaesi hanno mostrato alla squadra di Dop Cheese Sardinia la loro quotidianità. Il pentolone ricolmo di latte intero, fresco e crudo, appena munto e in arrivo solo da quelle pecore che pascolano lì, a pochi metri di distanza, monitorate a vista; la cagliata rotta finemente, non sottoposta a cottura; le mani che accarezzano la pasta bianca, la modellano e danno vita all’incanto. “Sono queste le cose che adoro, i gesti che mi fanno emozionare e che voglio raccontare al mio rientro in Olanda”, dice Elisa Sabeddu, ristoratrice isolana e figlia d’arte, da tempo di casa ad Amsterdam. «Sono queste le tradizioni che dobbiamo custodire e promuovere a tutti i costi”. Salvatore Bussu puntualizza: “Il Fiore Sardo Dop, disciplinare alla mano, deve rispettare queste caratteristiche: latte crudo di pecora di razza sarda, caglio di agnello, affumicatura. Un prodotto perfetto può essere ottenuto solo in maniera artigianale, come facciamo in famiglia da generazioni”. Concetti chiari, avallati dal recente premio “Italian Cheese Awards”, con la nomination conquistata dal Fiore Sardo Dop 24 mesi proprio del caseificio dei F.lli Bussu.

Sono stati attenti, spettatori parecchio interessati. Dagli spazi del caseificio Argiolas di Dolianova, passando per la cooperativa Lait di Ittiri, fino a giungere ai pascoli del Marghine della famiglia Bussu. Sì, i tanti ristoratori che hanno partecipato al progetto Dop Cheese Sardinia, spalleggiati da un bel gruppo di giornalisti, in coro sentenziano: “La valorizzazione delle Dop casearie sarde crediamo che debba essere un obbligo, d’ora in avanti”. Marcello Sanna, presidente regionale della Federazione italiana cuochi, precisa: “Abbiamo delle eccellenze, uniche al mondo, con delle potenzialità sconfinate. Il nostro compito dev’essere la valorizzazione di questi prodotti a marchio Dop”. Parole nette, ponderate, bene impresse nella mente dello chef stellato Francesco Stara. L’Isola in cucina riparte da qui, dal fascino di Badde Salighes. Da una piastra fumante, da un polpo arrosto con riso nero e Fiore Sardo Dop. 

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