Nuovo appuntamento con la rubrica Sardinia excellence. Storie, persone che rendono unica l’Isola a cura di Antonio Paolini una delle firme più autorevoli del giornalismo enogastronomico.
Nei pressi di Seulo, “blue zone”, ove un tempo si cavava antracite Giorgio Secci con le sue api produce un vero elisir di corbezzolo
Oggi il colore dominante è il blu: quello della “blue zone”, la terra dei centenari e del segreto di lunga vita di cui Seulo, il borgo di riferimento dell’area, è uno dei punti nodali. Ed è un blu venato di verde (la natura rigogliosa e selvaggia), d’azzurro (la cascata unica e segreta di Sa Stiddiosa) e di nuance d’oro antico: quello del miele straordinario che, come vedremo, viene prodotto qui.
Ma una volta – e non molti ormai lo ricordano – la tinta di riferimento era un’altra: un grigio scuro tipico ed eponimo. Quello dell’antracite.
Ingurtipani, il nome che oggi campeggia orgoglioso sui barattoli di un eccezionale miele di corbezzolo e di altre – anche loro deliziose – varietà era il toponimo di una miniera da cui si cavava combustibile fossile, particolarmente prezioso perché perfetto per lavorare e depurare i minerali (piombo, rame) estratti in altre zone più o meno prossime (San Gavino, Iglesias) della Sardegna. Quel che non transitava da zona mineraria a zona mineraria alimentava forni per la produzione di calce, di gas povero e anche motrici a vapore: i trenini d’epoca. Un sentiero (la classica scorciatoia) lungo appena due chilometri conduceva al volo dal limite dell’abitato di Seulo al piccolo complesso di servizio ubicato attorno all’ingresso delle gallerie di scavo (la prossimità col paese esonerava i titolari dalla necessità di costruire case per i minatori). Dopo un primo, intenso periodo di sfruttamento, riaccesa e spenta più volte nel corso del secolo passato (in particolare a cavallo della prima guerra, e poi di nuovo negli anni Trenta, quando si pensò addirittura di utilizzarne il ricavato per alimentare una centrale elettrica, mai però realizzata) la miniera finì in disuso. Oggi il poco che ne resta è occultato dalla vegetazione, che si è ripreso via via lo spazio che le era stato tolto, o è utilizzato come riparo di fortuna per greggi. E del famoso grigio antracite non è rimasto che un riflesso su qualche abito da ricorrenza indossato in paese per una cerimonia.
Ed è qui, proprio qui, che Giorgio Secci, “seulesu” purosangue, ha deciso di aver trovato l’habitat ideale per i suoi trenta alveari, punto apicale di un artigianalissimo, ma ben articolato, sistema aziendale che, oltre alle amatissime api, include un certo numero di maiali da carne (siamo in piena Barbagia) e da salumi, una coltivazione di cereali destinati ad alimentarli in modo il più possibile “locale”, e l’accudimento e gestione anche di una sempre più rigogliosa famiglia di asinelli.
Nel gioco dei mieli e dell’impresa agricola allargata Secci è approdato di fatto come subentrante: chiamato da un piccolo pool di amici che aveva avviato la macchina, ma si era poi reso conto di aver bisogno di un pilota dalla mano sicura. Quella di Giorgio era (ed è ancora) celebre in zona per la bravura assoluta dimostrata (e trasmessa al figlio Andrea, che lo sosteneva nelle sue intraprese, mentre nell’ultima ad affiancarlo c’è il nipote Massimo) in una delle “arti” più antiche, delicate e reputate all’interno dell’isola: la decorticazione delle querce da sughero, prezioso e sempre più raro materiale destinato alla fabbricazione dei migliori (e sempre più costosi) tappi da vino.
L’uomo che “sussurrava ai sugheri” è passato insomma con disinvoltura a sussurrare alle api e chiacchierare con gli asinelli. E in una decina d’anni la reputazione della Società Agricola Ingurtipani (natura dove c’era miniera) è cresciuta in modo lampante. Restando però all’interno di una cerchia contenuta. Come contenuta è la produzione di specialità. A cominciare dal Monte Lareri, il miele di corbezzolo davvero straordinario per testura, intensità, incredibile complessità di sapore e pregi nutrizionali, oltre che gustativi, che è il capofila di una piccola squadra che include il castagno, il timo, il delicato asfodelo e un millefiori che (memoria per memoria) si chiama Monte Miniera.
“Porto in giro gli alveari solo attorno a Seulo – spiega Secci – perché voglio un prodotto totalmente territoriale. E il territorio qui è unico. Tutto poi segue il corso della natura. Per il corbezzolo, va un po’ come per il vino. Ci sono regole climatiche ineludibili, che determinano annate propizie e altre… da saltare. Come è successo ad esempio nel 2022”.
E cioè? “Cioè, deve piovere un po’ tra fine agosto e i primi di settembre per permettere poi una vita favorevole al corbezzolo, che è pronto per le api in tardo autunno. Ma lì non deve fare troppo freddo. Un inverno anticipato e gelido manda a monte tutto”. Difficile dunque, date le premesse, stabilire medie quantitative di disponibilità. E istintivo per Secci scegliere per il miele un canale di commercio a misura di prodotto: il passaparola.
“Vendo a persone note che poi mi presentano altri clienti fidati. E ovviamente vendo qui, se ho il miele, e se qualcuno viene a trovarci (accogliamo sempre con gran piacere chi scopre questo pezzo meraviglioso di Sardegna). Internet? E-commerce? Beh, a un certo punto qualcuno mi aveva convinto e ho provato. Non si può avere idea delle fregature che ho preso… Ho smesso quasi subito”.
E dunque, non cercate (se il racconto vi ha convinti, e la voglia di provare i mieli di Secci vi è venuta) il classico www. etc etc. Cercatevi un “testimone” già cliente. O mettete in calendario una gita a Seulo, magari per le feste di novembre. Oppure alla brutta provate con la mail (giorgiosecci68@gmail.com) facendo magari riferimento a questo articolo. Forse aiuterà. Di certo un po’ di più se condita dalla disponibilità al pagamento anticipato…
Antonio Paolini
Antonio Paolini è una delle firme più autorevoli del giornalismo enogastronomico. È coordinatore Guide food Gambero Rosso. Ha co-fondato e scrive per la testata web Vinodabere.it. Ha lavorato a lungo al Messaggero (Esteri, Economia, wine & food columnist), ed è stato curatore dei Vini dell’Espresso e nel comitato esecutivo della Guida ai Ristoranti d’Italia. Ha scritto tra gli altri per L’Espresso, Spirito Divino, Monsieur, La Cucina Italiana, I Fiori del Male, e pubblicato decine di Guide. Nel 2008 gli è stato attribuito il Premio Veronelli. Attualmente collaboratore del gruppo Sae.