Vittime uranio, Guariniello: “È normale che i controlli li facciano i militari?”

“La cosa più sgradevole di questo dramma è la solitudine dei militari e delle loro famiglie…”. Così Paolo Di Giannantonio, giornalista Rai, nella prestigiosa cornice della Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto a Roma, ha aperto la conferenza stampa di presentazione del libro ‘Militari all’uranio’ (Mary Tagliazucchi e Domenico Leggiero, edizioni David and Matthaus, 14,90 euro). Un atto di accusa, una richiesta d’aiuto e di giustizia: si potrebbero riassumere così le testimonianze dei principali protagonisti di una tragedia che ha lasciato sul campo centinaia di vittime, spesso nel silenzio di una politica incapace di ammettere le proprie responsabilità, che si ostina a non riconoscere i giusti risarcimenti. Un ‘conflitto’ che dura ormai da quasi sedici anni, in cui l’uranio impoverito non è l’unica minaccia.

Il libro. “Uno Stato che non ha protetto i militari, che li ha traditi non informandoli dei pericoli che correvano, che avrebbe dovuto essere loro accanto, ma non l’ha fatto”. Mary Tagliazucchi, giornalista freelance e fotoreporter non ha dubbi. E aggiunge: “Lo Stato ha girato la testa dall’altra parte. In questo libro c’è la storia di tante vittime, ma anche quella delle gerarchie militari, coi retroscena politici che di fatto hanno contribuito ad allungare i tempi di un disastro senza fine”. Domenico Leggiero, ex pilota militare dell’Esercito e responsabile dell’associazione “Osservatorio militare”, le ha fatto eco: “Oggi il grande assente, benché invitato, è il ministero della Difesa. Quella che abbiamo raccontato è la storia di una bugia che nasce nel 1999 e che continua ad essere tale. Il libro cerca di fare luce e verità, abbiamo cercato di spiegare cosa vi sia davvero dietro l’inspiegabile e impenetrabile muro di omertà, perché noi ci ammaliamo per colpa di qualcuno che poi viene chiamato a valutare e giudicare il caso: non va bene, non può essere”.

La scienza. La conferma che qualcosa non abbia funzionato nella catena dei controlli e sulla sicurezza dei militari impegnati nei vari teatri operativi è arrivata per bocca di Antonietta Gatti, esperta di nanopatologie: “Quello che ho trovato mi ha lasciato atterrita. In tutti i casi che ho studiato – ha detto la Gatti riferendosi anche ai poligoni di tiro -, nel 98 per cento, ho trovato polveri non respirabili normalmente sulla terra. È bene sapere che le nuove guerre hanno effetti collaterali che non finiscono con i conflitti, l’inquinamento creato continua a generare vittime. Occorre prendere atto che ci sono nuovi agenti patogeni: non sono biologici, ma fisici, e possono avere un effetto letale, per questo tempo addietro, inascoltata, proposi al Cpcm (Comitato per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie del Ministero della Difesa) maggiori precauzioni per i militari”.

Le ragioni del diritto. “C’è ancora molto da dire, almeno giuridicamente. È inammissibile che tutti i medici che devono dare un parere siano solo graduati che dipendono gerarchicamente dai vertici militari”. L’avvocato Angelico Fiore Tartaglia inquadra così uno dei principali problemi nella lunga battaglia delle vittime dell’uranio impoverito, denunciando un concetto tanto semplice quanto non scontato per le gerarchie militari, le quali si ostinano a non voler inquadrare i militari come lavoratori, assegnando loro tutte le tutele che normalmente vengono riconosciute a questi ultimi. Dice Tartaglia: “Dal punto di vista giuridico la differenza di effetti nocivi tra guerra e missioni di pace, nelle cause risarcitorie, non ha alcun pregio. Le vittime del terrorismo hanno diritto ad indennizzi ben superiori rispetto a quelli riconosciuti alle vittime dell’uranio impoverito”. Insomma, per Tartaglia si realizzerebbe una strana e ingiustificata situazione in cui lo Stato, dove in colpa, “tratta peggio i militari rispetto alle vittime del terrorismo, dove invece non ha responsabilità”. “Chi ha subito un danno per colpa dello Stato, come hanno sentenziato numerose sentenze (sono più di 76 le cause finora vinte dall’avvocato Tartaglia, molte delle quali hanno sancito il nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito e la patologia tumorale) deve vedersi riconosciuto un di più rispetto al contrario”, dice Tartaglia.

La politica. Il presidente della Commissione d’inchiesta monocamerale sull’uranio impoverito (la quarta in ordine di tempo), Gian Piero Scanu (Pd), ha respinto con sdegno l’aberrazione su cui qualcuno – a sua detta – cerca di fare legna, tacciando di antimilitarismo la Commissione: “Noi che ci occupiamo della salute dei militari siamo antimilitaristi? Incredibile!”. Il rischio che i lavori della Commissione non riescano a produrre gli effetti sperati è concreto. Proprio per questo Scanu si è augurato che la legislatura arrivi a scadenza naturale “perché abbiamo il compito politico di consegnare al Paese i risultati di questa Commissione, di orientare un faro di luce verso una materia drammatica: se non ci sbrighiamo ci sarà una 5^, una 6^ commissione di inchiesta. Per poi concludere dicendo che i “commissari non vogliono passare come utili idioti”, ma sono invece impegnati a costruire “una soluzione al problema che doveva essere trovata anni fa, perché i militari devono essere considerati come dei lavoratori che appartengono alle Forze Armate, apparato servente dello Stato, i militari non sono un incidente di percorso”.

copertina-libro-militari-uranioLa giustizia. “Ad oggi possiamo dire che la salute e sicurezza dei militari siano sufficientemente tutelate?” È la domanda che ha posto Raffaele Guariniello in apertura d’intervento. Per l’ex procuratore della Repubblica (oggi consulente della Commissione uranio impoverito) la “giustizia non deve restare un sogno, ma soprattutto non deve trasformarsi in giurisdizione domestica, con la verifica sui casi di malattia derivanti dall’uranio impoverito assegnata solo ad organi militari, pure capaci, ma che realizzano il classico caso di controllore-controllato”. Gli interrogativi sollevati da Guariniello sono forti e lasciano il segno nell’uditorio. Così Guariniello: “Militari e cittadini lamentano la tragedia dell’uranio impoverito, denunciano in alcune zone la morte di bambini e la nascita di malformati. Di fronte a queste situazioni bisognerebbe fare studi epidemiologici, studi che non vedo sviluppati nel mondo militare. E poi, chi lo fa lo studio? Dovrebbero essere soggetti terzi. Bisogna non soltanto essere ma anche apparire terzi, per evitare i conflitti di interesse e assicurare trasparenza”. E ancora: “Ci sono zone del Paese dove si fanno i processi per i tumori ai militari e zone dove invece non si fanno. In alcune zone, per lo stesso tipo di casi, ci sono Procure che chiedono il rinvio a giudizio ed altre che archiviano: perché? Forse perché le Procure in Italia non sono tutte preparate? Bisogna avere un’organizzazione giudiziaria, ma anche una polizia giudiziaria, all’altezza della situazione”. Poi l’affondo finale. Riferendosi ai recenti fatti legati al terremoto, dove i militari sono stati elogiati per il loro impegno, Guariniello chiede: “Ma gli stessi non meriterebbero una effettiva tutela e sicurezza?”.

Massimo Manca

 

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