Oltre 150 Carabinieri del Comando di Viterbo, con l’ausilio di un elicottero e di unità cinofile, stanno eseguendo 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei componenti, quasi tutti sardi, di un’organizzazione criminale attiva nella bassa Tuscia. Secondo fonti d’agenzia di stampa tra le attività criminali contestate ci sono: furti, danneggiamenti aggravati, incendi dolosi di aziende e auto per estorsioni, rapine, traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione e possesso di armi clandestine. Furti, incendi di aziende agricole, negozi e auto, ma anche rapine, traffico di sostanze stupefacenti, ricettazione e possesso di armi clandestine. Attività criminali che la banda, sgominata oggi dai carabinieri di Viterbo, metteva in atto con vere e proprie azioni persecutorie che terrorizzavano le vittime.
“Con l’operazione odierna abbiamo liberato gran parte della bassa Tuscia dalla morsa criminale. Le vittime dei furti e degli altri reati vivevano in uno stato di forte soggezione nei confronti dei membri del gruppo che, in diversi casi, pur di ottenere i loro scopi, procedevano con atti persecutori e stalking contro chi si opponeva alle loro richieste”, ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Viterbo, Mauro Conte, alla conferenza convocata per illustrare i dettagli dell’operazione denominata Mamuthones dal nome delle tipiche maschere sarde. Il blitz è scattato all’alba di questa mattina e ha visto impegnati 150 uomini dell’Arma, che hanno eseguito tredici ordinanze di custodia cautelare. Undici dei provvedimenti restrittivi sono stati eseguiti nella provincia di Viterbo, mentre due in quella di Roma. Dieci degli arrestati sono di origine sarda; due sono invece viterbesi e l’ultimo romano. Nel corso dell’operazione sono state inoltre effettuate quattordici perquisizioni con l’impiego di metal detector ed unità cinofile addestrate per la ricerca di armi nascoste. L’indagine ha preso il via dopo una serie di incendi subiti da alcuni imprenditori della bassa Tuscia, che si sono rivelati essere invece atti ritorsivi per costringerli a soddisfare richieste avanzate dal gruppo criminale nei loro confronti. ”Nel corso delle indagini – hanno spiegato gli investigatori – si abbiamo incontrato una forte resistenza delle vittime alla collaborazione, per il forte timore nei confronti degli appartenenti al sodalizio, conosciuti per atti di violenza e sopraffazione”.